Universit� di Siena
Centro interdipartimentale di studi Universit� di Siena
       
     

    I saperi illeciti nella prassi divinatoria. Proibizioni, programmi, percorsi delle forme "altre" di conoscenza dal politeismo greco ai modelli dei monoteismi ebraico e cristiano

    Abstract tesi di dottorato di Alberto Cecon

    L’anno accademico appena trascorso è stato dedicato, oltre che alla frequenza dei corsi e dei seminari previsti dal piano di studi del dottorato, alla ricerca e alla lettura dei testi e delle fonti il cui utilizzo concorrerà alla stesura della tesi. Naturalmente, la stessa frequenza dei corsi così come la discussione, dinanzi a docenti e colleghi, dei seminari di giugno-luglio, si sono rivelate utile occasione di apprendimento e di confronto. I contenuti di tali incontri – non solo quelli da noi  proposti ma anche quelli presentati dai colleghi – contengono diversi elementi d’interesse e di riflessione utilizzabili anche ai fini della tesi stessa.
    La ricerca, coerentemente con il progetto presentato, si propone di indagare, nella molteplicità dei sistemi divinatori presenti nel Mediterraneo antico, quelle forme di ricerca di sapere al margine delle pratiche consuete che si presentano soggette a vari gradi di interdizione, soprattutto negli aspetti avvertiti come estremi, quali il ricorso al mondo dei morti (necromanzia). Opere come l’Histoire de la Divination dans l’Antiquité di Bouché-Leclercq, o il volume collettivo a cura di Vernant, Divination et Rationalité, costituiscono punti di riferimento dai quali prendere le mosse per una prima ricognizione dei meccanismi della divinazione, per giungere, da un lato, all’aspetto che potremmo definire “semiotico” della divinazione intesa, banalmente, come “sistema di segni” (Manetti), dall’altro a quello più propriamente “antropologico” sul problema generale del ricorso a diverse e complesse pratiche divinatorie (Sabbatucci).
    Un efficace punto d’osservazione può essere il rapporto tra la gestione “tollerante” da parte dei politeismi di tali saperi marginali e, di contro, la “demonizzazione” assoluta che troviamo nel modello del monoteismo biblico. Il Cristianesimo eredita il divieto di sondare il futuro o, genericamente, il volere/sapere divino dalla cultura latina (che pur concede ampio spazio alla divinazione), caratterizzata da una decisa polemica nei confronti del “magico”, che trova un preciso punto di riferimento nel XXX libro di Plinio. La definizione del “magico” si presenta quindi interessante anche ai fini della sua ricezione nel mondo moderno e occidentale (De Martino).
    Si cercherà di seguire il percorso che progressivamente porta all’interdizione dei “professionisti del magico” sino alle repressive leggi del Codice Teodosiano. In questa prospettiva, che coinvolge alcuni particolari aspetti della legislazione romana, seguendo le indicazioni del prof. Bettini è parso opportuno un coinvolgimento del prof. Stolfi, il quale ci ha suggerito interessanti e preliminari indicazioni bibliografiche. Si tratta di testi che affrontano, nel più vasto ambito dei problemi sull’origine e lo sviluppo del diritto a Roma, alcuni “casi” particolari, dall’esplorazione del significato del verbo excanto presente nella formula «qui fruges excantassit» delle XII Tavole (Zuccotti) all’indagine su una testimonianza unica come il Liber de magia (o Apologia) di Apuleio che costituisce la voce “in prima persona” di un presunto “mago” (Amarilli-Lucrezi, p. 102).
    Un contributo alla ricerca verrà quindi anche da testi di ampio respiro che si propongono di tracciare la nascita e il successivo sviluppo di un’istituzione quanto mai complessa quale il diritto (Schiavone). Lo scopo (e la difficoltà) saranno quelli di elaborare i dati acquisiti in questo campo secondo le indicazioni offerte dalla tradizione antropologica (a partire dall’“antropologia del diritto” di Gernet).
    Peculiare attenzione nel corso di tale indagine sarà rivolta all’immagine femminile, che introduce, con la lucanea Erichto e la biblica pythonissa di En-dor, quel modello estremo di negatività rappresentato dalla “strega”, prodotto emblematico della sottile e profonda misoginia che percorre la costruzione del simbolico culturale, quindi anche religioso, della cultura occidentale. Numerosi sono gli esempi e i passi letterari che convergono in questa direzione, e che dovranno quindi essere sottoposti – al fine di evitare un semplice e sterile accumulo di dati – a una precisa selezione, in cui i criteri di una rigorosa ricerca storica dovranno prevalere sulla facile e talvolta fuorviante suggestione letteraria.