Universit� di Siena
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    La storia di fantasmi greco-latina nella trattatistica cinquecentesca sul sopranormale

    Abstract tesi di dottorato di Paola Aretini

    La letteratura greco-latina pagana (ma anche quella cristiana, soprattutto coi suoi angeli ed i suoi demoni: a cominciare dalle passioni e dagli atti dei martiri, per non parlare delle vite dei santi) pullula, com'è noto, di visioni, apparizioni, fantasmi, spettri, sogni, incubi, spiriti, immagini inconsistenti, finte apparenze e finte identità, anime inquiete di infelici che attendono regolare sepoltura per poter trovare finalmente la pace.
    Non sorprende dunque che, in tempi di crescente interesse per indagini di taglio antropologico, si stia assistendo ad un moltiplicarsi degli studi sul sovrasensibile. In tale contesto, tuttavia, la Dott.ssa Paola Aretini ha scelto, per la propria tesi di dottorato, un argomento ed un momento della cosiddetta 'fortuna' del classico sin qui - almeno da tale punto di vista -pressochè interamente trascurati: la trattatistica erudita che, specialmente nella seconda metà del Cinquecento, ha studiato il materiale classico relativo a storie di fantasmi, organizzandolo, discutendolo, semplificandolo, a volte persino manipolandolo, quasi sempre, com'è ovvio, anche integrandolo con fatti o presunti tali più recenti.
    Notevole è l'ampia sezione introduttiva ad un indispensabile inquadramento storico del problema: dal Medio Evo fino allo scontro tra opposte ideologie religiose che anima e sostiene la discussiene sulle storie di fantasmi a partire dalla Riforma luterana; e, a seguire, l'evolversi sullo sfondo della storia politica e delle idee, che è seguito con costante attenzione, a volte anche con intuizioni di notevole acume. Un aspetto notevole, dal punto di vista di recupero storico, è quello di aver individuato una sequenza di personaggi e soprattutto di luoghi politicamente e teologicamente significativi in cui collocare via via la trattatistica sui fantasmi e le apparizioni: la corte protestante di Sassonia, con l'amico di Melantone e del Camerarius, J. Rivius, e il suo 'illuminismo' ante litteram (notevole qui la messa a fuoco dei complessi rapporti con le riflessioni di S. Agostino in materia di sogni e fantasmi), e con K. Peucer, le sue indagini 'galeniche' sull'umor melancolico e le facoltà divinatorie ad esso connesse; poi la Svizzera, pure protestante, di Zwingli e di Calvino, il cui consenso trovò espressione nei trattati di L. Lavater, con le sue aspirazioni classificatorie (a cominciare da un meritorio 'lessico del fantasma'), il suo gusto per i racconti stupefacenti (e 'teatrali'), i suoi esiti comunque pletorici, e del filosofico B. Aretius, con la sua nuova classificazione basata non sul lessico bensì sui sensi (fantasmi aerei, falsi fantasmi, veri fantasmi, che poi sarebbero quelli che compaiono nella tragedia classica, riscoperta proprio in quest'epoca, e i demoniaci fantasmi visti in stato di veglia), con il suo tentativo di minimizzare l'inquietante fenomeno psicologizzandolo; la corte renana del Duca di Clèves, con l'asistematico medico brabantino J. Wier e le sue ossessioni demoniache; la grande Parigi umanistica e controriformista in cui esce la Démonomanie des sorciers di J. Bodin, con la quale un terreno sino ad allora frequentato quasi solo da teologi passa sotto l'osservazione dei giuristi (ivi incluse serissime implicazioni sugli angeli custodi). Dopo l'intervento di un cattolico solo formale come Bodin, l'attenzione si sposta sulla trattatistica autenticamente cattolica, particolarmente fertile negli ultimi decenni del XVI secolo proprio in Francia: in particolare P. Le Loyer, con la sua monumentale opera sugli spettri, il suo rilievo dato, in polemica coi protestanti, alle apparizioni dei santi (visti quali mediatori tra il mondo dei vivi e quello dei morti), con i suoi demoni tentatori che entrano in corpi femminili, con la sua fitta casistica di teschi parlanti, col suo sforzo di arrivare anche al lettore qualunque con scorrevoli traduzioni delle fonti in lingua francese, con la sua difesa dell'esistenza di apparizioni 'giuridicamente probanti'; quindi il domenicano, inquisitore ed esorcista, S. Michaelis e la sua meno ambiziosa ed estesa Pneumatologie, con la sua fissazione (maturata sulla scia di S. Agostino) per le metamorfosi e i camuffamenti del demonio (specialmente a tentazione di santi ed eremiti), la sua facilità alla manipolazione di fonti antiche (poche) e moderne; è poi la volta del cappuccino N. Taillepied, il cui trattato costituisce eplicita risposta al De spectris del protestante Lavater, del quale riprende grosso mondo anche la struttura, tratti di stile e parecchia casistica (ma larga è anche la riutilizzazione del Wier), con esiti, tutto sommato, ben poco originali.L'ultima fioritura di trattati demonologici riguarda ancora zone di frontiera tra il mondo protestante e quello cattolico: la Lorena di N. Remy, i Paesi Bassi e in particolare l'universitaria Lovanio, la Franconia e la neofondata università di Wurzburg.
    Ormai, come mostra la ricerca, la scena è occupata quasi esclusivamente da giuristi (alla fine del secolo XVI siamo in pieno clima da caccia alle streghe) e da intellettuali gesuiti. Dopo aver esposto e analizzato i Loca infesta, trattato di intendimenti esorcistici, del gesuita P. Thyraeus, si analizza la monumentale ma poco originale Disquisizioni magiche di M. A. Delrio, con la sua fedele ripresa della teoria agostiniana della triplex visio e con il suo sforzo di inquadramento dottrinale dei materiali.