LE ORECCHIE
DI HERMES
Studi
di antropologia e letterature classiche
Il volume costituisce una sintesi degli studi di antropologia del mondo
antico che ho svolto in questi ultimi dieci/dodici anni: in
pratica dopo l'uscita del mio Antropologia e Cultura Romana (Roma,
Nuova Italia Scientifica 1986), che introdusse in Italia
questo
tipo di studi. Molti di questi lavori sono apparsi in sedi
disparate, spesso poco note, e comunque mai accessibili a un pubblico
non specialistico.
La gran parte di questi saggi viene
riscritta e ampliata - negli anni ho raccolto molti spunti e materiali
nuovi - e alcuni di essi sono inediti.
I. Storie di simboli
e di eroi
1.Le orecchie
di Hermes. Luoghi e simboli della comunicazione
nella cultura antica, in M. Bettini (editor), I
signori della memoria e dell'oblio, Firenze La Nuova Italia
1996, VII -
LII (versione ampliata: 50 cartelle). Un lungo studio sul
tema della "memoria", dello "oblio" e della
"comunicazione" nella cultura greca e romana. In esso vengono
toccati sia alcuni miti greci di
"comunicazione", legati a Hermes dio messaggero; sia alcuni
ruoli culturali dimenticati (il "ricordatore", colui che in
Grecia e a Roma faceva le funzioni della nostra agenda); sia
alcune credenze relative al contrario della
comunicazione, ossia il silenzio (in particolare: il senso
profondo del noto detto lupus in fabula)
2. Bruto lo sciocco, in Il protagonismo nella
storiografia
classica, Genova 1987, 71-120 (versione ampliata: 55
cartelle). Un ampio studio trasversale, che partendo da Bruto, il
"falso sciocco" della tradizione romana, arriva all'Amleto di
Saxo Gramaticus e ad altri "falsi sciocchi" della
tradizione non solo europea, come Khusrev. Attraverso
l'analisi di questi racconti, vengono messi anche
in luce alcuni modelli culturali - l'opposizione fra
"interno" ed "esterno", il "cadere in terra", etc. -
la cui funzione simbolica si ritrova identica in differenti
tradizioni.
3. Il detective è un re:
anzi, un dio, in Sofocle.
Antigone, Edipo re, Edipo a Colono, traduzione e note di
Franco
Ferrari, Milano Rizzoli 1992, 5-24. Uno studio sul classico tema
dell'Edipo di Sofocle come primo "romanzo giallo" della tradizione
occidentale.
4. Turno e la rondine nera, "Quad. Urb. cult.
class." n.s.
30, 1988, 7-24. Uno studio su una celebre similitudine
dell'Eneide, che assimila la fuga di Turno verso la morte
a una rondine nera che entra nell'atrio di una casa. La
riflessione sul valore simbolico della rondine nella
cultura antica e nel folclore europeo, ricrea l'orizzonte
antropologico in cui l'invenzione virgiliana deve
essere iscritta
II. Storie
di "doppi"
5. Sosia e il
suo sosia:
pensare il doppio a Roma, in
Plauto. Anfitrione, traduzione e commento a cura di R. Oniga,
Padova Marsilio 199, 9 - 51 (versione ampliata: 45 cartelle).
Uno studio sul modo in cui il "doppio" viene percepito in un
orizzonte culturale come quello romano,
rappresentato qui dall'Amphitruo di Plauto, in cui si crede
che
'veramente' un mago possa prendere l'identità
altrui ovvero possa trasformare in un'altra persona un
malcapitato. Vengono messe in luce le specifiche categorie
culturali in base alle quali l'identità personale, e la sua
perdita, vengono percepite a Roma.
6. Il racconto di Alcmena e Anfitrione: un'analisi
antropologica, in "Dioniso", 63, 1993, 59 - 76 (versione ampliata: 23
cartelle). Uno studio sul seguito della vicenda letteraria
e culturale del "doppio" romano, e del racconto di Anfitrione
in particolare. Attraverso testi medioevali
latini (i Gesta Romanorum, Walter Map etc.) e irlandesi (The
Birth of Mongan, etc.) una storia della fortuna
letteraria e culturale del "doppio" nel medioevo europeo.
7. I fantasmi dell'esilio: doppi e nostalgia nella
parva Troia
di Virgilio (Aeneid 3.294 ff.), "Classical Antiquity," 16,
1997, 8 - 33 (ora in italiano). Uno studio
sull'episodio del III libro dell'Eneide, in cui Eleno e
Andromaca ricostruiscono una seconda Troia in Epiro: creando
così un "simulacrum" - doppio perfetto, anche se ridotto -
della loro vita passata. Nel saggio si studia anche
l'origine e il significato della nozione di "nostalgia", che
con il simulacrum o "doppio" del passato ha spesso
molto a che fare.
III.
Storie di parole
8. Guardarsi
in faccia a Roma. Le parole dell'apparenza
fisica nella cultura latina, "Parole chiave"10/11 1996, 177 -
195 (versione ampliata: 40 cartelle). Uno studio sulla
terminologia usata a Roma per designare la "apparenza fisica"
di una persona: os, vultus, facies, figura etc.
Ne emergono i modelli culturali in base ai quali la civiltà
romana stabiliva l'identità di una
persona intesa come riconoscibilità della figura: e un
possibile spaccato di psicologia storica sul 'perché' della
nascita delle immagini artificiose.
9.
Mos, mores e mos maiorum. L'invenzione dei
'buoni
costumi' nella cultura romana, 48 cartelle (inedito). Uno studio sul
relativismo culturale antico e moderno, che parte da
Erodoto per arrivare a Montaigne, Herskovits, Taguieff. Il
lavoro si concentra poi sul complesso
meccanismo antropologico secondo cui la cultura romana
utilizza termini come mos e mores. In particolare, la
riflessione verte sulla nozione di mos maiorum e di
"tradizione culturale" secondo Maurice Halbwachs e Jan
Assmann. Ne emerge una visione dei mores romani non
monolitica, e centrata su un "unico" punto di
vista (quello della comunità): ma, al contrario, una costruzione del
mos attraverso il consensus di un
"gruppo" che cerca di imporsi su quello di un altro "gruppo".
In altre parole, una visione molto berkeleyana,
fondata sul concetto di "minority" e di relativismo culturale
- e dunque assai poco germanica - del mos maiorum
romano.
10.
A proposito di argumentum, in G. Manetti (ed.),
Knowledge through Signs, Brepols Turnhout 1996, 275 - 294.
Uno studio sul significato e l'origine della parola argumentum
in latino. Viene mostrato come questo termine così importante nella
cultura latina e in quella
posteriore - "argomento", "argomentazione", "argomentare"
etc. - trae origine dall'idea di "gettare luce" su
qualcosa di oscuro: e funziona regolarmente nel caso in cui si debba
"inferire" qualcosa da qualcosaltro.
11.
«Come un confetto». Credenze sulla donnola e
origine della parola mustela , pp. 20 circa (inedito). Una
ricerca etimologica e antropologica, che spiega perché i
Romani
definissero mustela questo animale di cui mi sono occupato a
lungo nel mio Nascere . Là però non
davo una etimologia di questo termine mustela, considerato
normalmente oscuro ed enigmatico. Ma dopo aver studiato
così tanto la donnola in prospettiva comparativa, penso di
aver trovato una spiegazione! Mustela è da
musteus che significa sia "dolce" (aggettivo) sia
"dolcetto" (sostantivo), in particolare confetto
nuziale.