Università di Siena
Centro interdipartimentale di studi Università di Siena
       
     

    I classici nella bufera della modernità

    Siena, 14-15 Dicembre 1999
    Certosa di Pontignano

    Martedì 14 dicembre Luciano Canfora
    La Bibliografia
    Claude Calame
    Le scienze dell'antichità tra neoliberismo e cultura da supermercato: esplosione bibliografica e smarrimento metodologico
    Federico Borca
    Altrove nel tempo: in viaggio tra i costumi degli antichi
    Mercoledì 15 dicembre mattina Maurizio Bettini
    I classici: da Aulo Gellio a Luciano de Crescenzo
    Massimo Fusillo
    La ripresa moderna dei classici antichi
    Roberto Danese
    L'immagine, la performance, il testo: le "variazioni" moderne sul classico come possibile strumento di conoscenza dell'antico
    Mercoledì 15 dicembre pomeriggio Alessandro Schiesaro
    "Classico" e "umanistico": modelli culturali e ideologie a confronto
    Maria Michela Sassi
    Platone e/o Aristotele: approcci vecchi e nuovi ai problemi di filosofia antica
    Alessandro Barchiesi
    Le nuove tecnologie della ricerca e l'ordinamento accademico

    Abstracts

    Claude Calame

    LE SCIENZE DELL' ANTICHITA' TRA NEOLIBERISMO E CULTURA DA SUPERMERCATO: ESPLOSIONE BIBLIOGRAFICA E SMARRIMENTO METODOLOGICO

    L'ideologia neoliberale che determina la nostra organizzazione sociale e il nostro modo di vita hanno un'influenza importante non solo nel campo dell'editoria e sulla diffusione delle ricerche nel settore degli studi classici, ma soprattutto sui nostri approcci nei confronti della cultura antica e delle sue varie manifestazioni. Con l'esempio della moltiplicazione delle riviste, ma anche della pluralità delle letture recenti di Saffo, si tratta di riflettere sullo smarrimento metodologico del post modernismo e sulle nuove possibilità di diffusione delle inchieste sull'Antichità. Questione di scelta accademica e forse anche di memoria elettronica.

    Federico Borca

    ALTROVE NEL TEMPO: IN VIAGGIO TRA I COSTUMI DEGLI ANTICHI

    Scopo di questo intervento vorrebbe essere quello di illuminare l'enorme potenziale euristico, esegetico e didattico che gli studi antropologici del mondo antico possiedono: potenziale che, nell'attuale travaglio attraversato dalle discipline classiche, potrebbe non solo trovare espressione e utilizzo entro i confini ristretti dell'ambiente accademico, ma potrebbe anche costituire un fattore di innovazione e di miglioramento nel mondo della scuola. Contenitore di informazioni e di significati che vi compaiono immobili, cristallizzati, il testo senza dubbio il fondamento di qualsiasi indagine antropologica, le cui radici devono pertanto rimanere saldamente infisse nel terreno storico-fllologico. Dalla chiusura e dalla staticità del testo scritto occorre tuttavia uscire, così come occorre uscire dallo studio dell'antichità concepito e vissuto come "prigione di libri"; uscire dalla "cittadella assediata" dei classicisti e dalla concezione elitaria di "cultura" come humanitas e comunità dei dotti; uscire dal vincolo opprimente della perenne validità del modello antico e dell'insolubile continuità passato-presente. Uscire dalla chiusura, dunque, e in primo luogo uscire dall'universo circoscritto dei testi per guardare fuori, guardare all' "habitat naturale" del pensiero e comprendere cosa e come gli Antichi pensavano. Lo "sguardo" antropologico potrà allora distendersi sulla vita degli Antichi, sui loro costumi, sulla loro mentalità. E' la scelta dell'apertura, che comporta l'adozione di un'idea di "cultura" in chiave antropologica e la consapevolezza della rottura tra passato e presente. Gli Antichi sono infatti altri da noi', d'altra parte, anche le società antiche - come la nostra, come qualsiasi altra - sono fatte della stessa materia: i costumi. Poiché l'uomo è i suoi costumi. Altri da noi, gli Antichi sono tuttavia essenziali per noi, perché ci aiutano a illuminare aspetti e problemi della nostra società, della nostra identità (per spiegare noi stessi dobbiamo infatti ricorrere agli altri). Inteso come raccolta di significati, il nostro viaggio antropologico dovrà prendere in considerazione anche gli Antichi, esplorare i territori della loro alterità, incorporare le loro diversità. Con serenità e umiltà, abbandonare la chiusura e scegliere l'apertura; riconoscere l'alterità del nostro passato, indagarla e comprenderla, per ritornare infine a noi stessi e capire un po' meglio: non è forse questa una via che conduce alla saggezza?

    Maurizio Bettini

    I CLASSICI: DA ALO GELLIO A LUCIANO DE CRESCENZO

    Frontone, in un celebre capitolo delle Notti Attiche di Aulo Gellio, definiva i "classici" come libri in qualche modo affidabili, patrimonialmente "solvibili": e come tali capaci di fornire al lettore risposte autorevoli. Ma su quali basi Frontone fondava la distinzione fra autore "classico" e un autore "proletario"? Sostanzialmente quella costituita dalla antichità - per essere classico, un autore doveva per forza essere antico. Paradossalmente, le tendenze della cultura contemporanea ci hanno portato su posizioni molto simili a quelle di Frontone. Anche per noi infatti la solvibilità dei classici, la loro autorevolezza in termini di prestigio sociale e di ricompensa culturale, coincide con la pura e semplice caratteristica di antichità. Questo significa anche che, se ancora si può parlare di un canone dei classici greci e romani, per noi il tradizionale canone interno ai classici (Virgilio "più classico" di Plauto, e così via) è stato sostituito da un canone puramente esterno ad essi: ossia dalla accettazione in blocco dei testi "antichi" sentiti come autorevoli - all'interno di una più vasta e indifferenziata categoria di "testi" da leggere. In base alla percezione della cultura contemporanea, qualsiasi testo, purché "antico", può risultare autorevole, prestigioso e solvibile. Proprio come Frontone, noi identifichiamo i "classici" con gli "antichi", e da questi testi genericamente "antichi", che continuiamo a pubblicare persino in edizione economica con testo a fronte, ci aspettiamo evidentemente una qualche ricompensa, proveniente dalla loro ricchezza di contribuenti di prima classe. A questo punto non possiamo che chiederci: ricompensa? Dai suoi classici/antichi, Frontone si aspettava ricompense di carattere squisitamente linguistico: ma noi moderni, che cosa ci aspettiamo?
    Credo che la maniera migliore per rispondere a questa domanda sia cercare di organizzare le tendenze contemporanee secondo una categoria di tipo spaziale: quella di lontano / vicino. In altre parole, ho la sensazione che i testi antichi vengano sentiti da noi come autorevoli, e dunque capaci di "ricompensare" il lettore, a seconda della loro lontananza rispetto alla nostra cultura ovvero, alternativamente, a seconda della loro vicinanza. Si nota invece che, sempre secondo le tendenze della società contemporanea, sono giudicati meno rilevanti testi di carattere medio, ovvero testi che risultano in qualche modo neutrali, indifferenti, rispetto ai due poli lontano / vicino. Queste categorie spaziali che abbiamo indicato corrispondono ad altre, più decisamente culturali, che si presentano molto interessanti. Infatti, i testi lontani coprono decisamente lo spazio della alterità - i testi antichi come costruzione dell'altro, ossia di un possibile spazio alternativo rispetto a quello ricoperto da "noi" - i testi vicini coprono invece lo spazio della identità - i testi antichi come strumento di identificazione per "noi", per la nostra cultura. Quanto ai testi sentiti come neutrali, ossia privi di una posizione specifica rispetto a uno dei due poli che abbiamo indicato, direi che la loro area di pertinenza è per l'appunto quella della indifferenza rispetto ai problemi cruciali della nostra società, che sono appunto quelli della identità / alterità. Proviamo a fare alcuni esempi: la Biblioteca di Apollodoro costituisce un testo lontano, perché la sua lettura ci istruisce sulle stranezze dell'immaginario mitologico dei Greci e sulle loro credenze (i Greci erano "diversi" da noi), mentre la Costituzione degli Ateniesi può costituire invece un testo vicino, nel senso che la sua lettura può dirci qualcosa sulle origini e la natura della nostra democrazia (i Greci erano "come" noi). Al contrario, il De re rustica di Catone, fondamentale per capire la natura dell'economia tradizionale romana, costituisce un testo né lontano né vicino, neutrale, non situato: nel senso che non serve né a identificare i Romani come altri da me a motivo della differenza dei loro costumi o delle loro idee, né a identificare me stesso come moderno attraverso il parallelo con Roma antica. Si tratta di un testo che può al massimo servire a identificare i Romani per quello che effettivamente erano, in certi aspetti della loro vita. Lo spazio della neutralità, ovvero l'assenza di posizione rispetto ai due poli di lontano / vicino, alterità / identità, viene spesso ricoperto da ciò che negli Stati Uniti porta il nome di "traditional scholarship", così come "traditional scholars" sono detti coloro che di questi studi fanno professione. In altre parole, i testi neutrali (o gli aspetti neutrali dei testi) sono in genere quelli privilegiati dagli "specialisti": coloro che pur ricoprendo ruoli a volte dominanti nelle istituzioni universitarie o di ricerca - non hanno particolari legami con le tendenze o gli interessi della cultura in cui operano, ma nei loro studi si orientano come se il loro oggetto costituisse qualcosa di interessante per sé.

    Massimo Fusillo

    LA RIPRESA MODERNA DEI CLASSICI ANTICHI

    Troppo spesso la filologia classica si è vantata di una propria millenaria separatezza rispetto alle principali correnti della cultura contemporanea. Le innovazioni metodologiche della critica letteraria, ad esempio, sono state in genere recepite solo nel momento in cui si erano ormai cristallizzate ed erano divenute quasi canoniche (il caso della narratologia). Il mio intervento vorrebbe offrire alcune riflessioni sul rapporto problematico e a tratti conflittuale che l'antichistica ha con la teoria della letteratura e con le letterature comparate, sia a livello della ricerca, dove l'intersezione fra i campi offre un ottimo antidoto all'iperspecializzazione; sia a livello della didattica, dove l'impostazione tematica e lo studio della ricezione moderna dell'antico offrono straordinarie potenzialità, purtroppo solo in minima parte colte dalle recenti riforme degli studi.

    Roberto M. Danese

    L'IMMAGINE, LA PERFORMANCE, IL TESTO: LE 'VARIAZIONI' MODERNE SUL CLASSICO COME POSSIBILE STRUMENTO DI CONOSCENZA DELL'ANTICO

    Studi ed esperienze del nostro tempo ci fanno capire che il classico ancora presente ed attivo nel contemporaneo sia come codice culturale sia come modello di riferimento per la produzione di nuovi testi, intesi nel senso più largo del termine. Perciò l'antichistica ha un ruolo ancora fondamentale come chiave per accedere ad un archivio di idee e di forme a cui non sappiamo in alcun modo rinunciare; ma questo significa anche che essa non può più sottrarsi ad un confronto dinamico con le discipline che sovrintendono allo studio e alla produzione della cultura moderna e contemporanea, senza tuttavia smarrire la propria identità.
    Piccole esperienze di lavoro collegate a riletture e riscritture moderne di testi classici mi hanno fatto sperimentare come simile convergenza possa risultare produttiva per il lavoro di specifica competenza del classicista, consentendo anche di affinare gli strumenti di indagine sul mondo antico.
    Gli importanti risultati conseguiti dagli studi sulla fortuna del classico nei decenni scorsi hanno chiarito molte cose sulla storia e sui modi di ricezione di testi antichi, portando i classicisti ad un approfondimento eclettico delle letterature, delle arti e del pensiero di epoche successive. Ora credo che sia possibile mettere a frutto queste competenze per creare punti di incontro e interazione con settori disciplinari differenti su temi di comune interesse, lavorando sempre di più in contatto con esperienze culturali legate all'attualità, ma con lo scopo primario di capire e spiegare il mondo antico.

    Alessandro Schiesaro

    "CLASSICO" E "UMANISTICO" MODELLI CULTURALI E IDEOLOGIE A CONFRONTO

    Mi propongo di discutere alcuni problemi relativi alla presenza della cultura greca e latina nei curricula di studi universitari (ma non solo), soprattutto in una prospettiva di confronto con altri paesi occidentali in cui da tempo i classici sono 'nella bufera'.
    In particolare, mi concentrerò sui meriti relativi di diverse impostazioni del rapporto con il mondo greco e latino, e su come si possa promuovere non una difesa nostalgica degli studi classici, ma una loro riproposta forte.
    Bibliografia
    A.BLOOM, The closing of the American mind, New York 1987
    M.FORREST, Modernising the Classis. A study in curriculum development, Exeter 1996
    V.D.HANSON-J.HEATH, Who killed Homer? The demise of classical education and the recovery of Greek Wisdom, New York 1998
    S.L.MARCHAND, Down from Olympus archaeology and philhellenism in Germany, 1750-1970, Princeton 1996
    G.W.MOST, "'With fearful steps pursuing hopes of high talk with the departed dead"', TAPA
    128, 1998, 311-324
    M.C.NUSSBAUM, Poetic justice: the literary imagination in public life, Boston 1996 cad., Cultivating humanity: a classical defense of reform in liberal education, Cambridge Mass. 1997
    G.PICONE, ed., L'antichità dopo la modernità, Palermo 1999
    C.PONTIGGIA, La contemporaneità dell'antico, Padova 1998
    E.ROMANO, "L'antichità dopo la modernità. Costruzione e declino di un paradigma", Storica 7, 1997,7-47
    C.STRAY, Classics transformed. School, University and Society in England, 1830-1960, Oxford 1998
    id., ed., Classics in 19th and 20th century Cambridge. Curriculum, culture and
    community, Cambridge 1999
    V.WOOLF, "On not reading Greek", in The Canon Reader, New York 1925

    Maria Michela Sassi

    CONSIDERAZIONI SUL RAPPORTO FRA FILOLOGIA E FILOSOFIA NELLA STORIA DELLA FILOSOFIA ANTICA

    Un problema peculiare di metodo che si pone oggi nell'accostamento ai filosofi antichi è rappresentato dalla necessità di mettere in opera tutta la ricca strumentazione disponibile allo storico dell'antichità (dalla critica delle fonti ai dati linguistici, alla comparazione antropologica), ai fini di una comprensione sfaccettata di un problema specifico, non senza tenere conto delle prospettive stimolanti aperte dalla filosofia moderna e contemporanea. In quest'ultimo ambito, tuttavia, è ravvisabile una tendenza spiccata a un'appropriazione del pensiero antico in termini di "ritorno all'origine" del pensiero occidentale: e come vada intesa tale origine dipende spesso dalla soggettività dell'interprete.
    Per mettere in luce l'esigenza, in sede storica, di un controllo critico delle interpretazioni dei filosofi, verranno presi in considerazione alcuni casi rappresentativi. Nel quadro della tradizione cosiddetta "continentale" della filosofia, verrà richiamata la riflessione di Heidegger sulla nozione platonica di verità, nonché la lettura della filosofia politica classica di Leo Strauss. Nel quadro della filosofia "analitica", si farà cenno a un giudizio di Hilary Putnam sulla teoria aristotelica della mente.

    Alessandro Barchiesi

    LE NUOVE TECNOLOGIE DELLE RICERCA E L'ORDINAMENTO ACCADEMICO

    L'idea di farmi parlare su tecnologia e accademia è nata insieme a Carlo Brillante e ha come presupposto un sincero interesse ma anche l'intenzione di smitizzare entrambi gli argomenti: chi mi conosce infatti sa che non sono un vero esperto né di ciberclassici né di strutture accademiche, e quindi, questa l'idea, se ne parlo io tutti saranno invitati a dire la loro senza alcun timore reverenziale. Mi sono quindi prestato a fare da cavia per lanciare la discussione e con questa nobile intenzione vi propongo una sorta di inquadramento storico-geografico per una discussione su tecnologia, studi classici, e Italia fin de siecle. Apprezzo molto l'idea che mi sembra sottostare a questo convegno, cioè' di costringere, per una volta, studiosi del mondo antico a parlare di futuro, sia pure di futuro prossimo del passato remoto.
    Il testo da cui vorrei partire e' un'opera che rischia di sfuggire all' attenzione dei classicisti, la canzone "Italia mobile"del colto gruppo rock "Virginiana Miller" (cultura e rock non sono incompatibili per questi giovani livornesi che pure hanno evidentemente frequentato un tranquillo liceo di stato e non una scuola privata per superdotati nel Connecticut).
    Esaminerò poi alcuni problemi creati dall'incontro tra studi classici e mondo cibernetico, con particolare attenzione alla nostalgia per il passato una modalità inevitabile per un classicista: per passato da rievocare in questo caso intendo la nobile utopia della "Classics List", le speranze riposte in riviste elettroniche, edizioni critiche democratiche, ipertesti non gerarchici etc. Suggerisco infine due problemi che mi sembrano ancora aperti:
    I - Dato che la filologia classica è stata utile strumento e stimolo per tutte le metodologie filologiche, e l'archeologia classica ha preceduto nel tempo lo sviluppo delle nuove archeologie, sarà possibile a queste discipline contribuire a una critica e metodologia di conservazione del testo elettronico - probabilmente il problema più urgente fra quelli che il mondo cibernetico ha creato?
    2 - In un sistema accademico come quello italiano - dove la Famiglia conta più dell'asettico Supermarket come modello culturale - che differenza possono fare i mezzi di comunicazione cibernetici?
    (Spero molto nella discussione su questi temi, ma se rimane tempo ci sarebbe una questione all'ordine del giorno riguardo il millennio. Data l'enorme enfasi dei mezzi di comunicazione di massa sulle classifiche del secondo millennio, miglior inventore, uomo politico piu' cattivo, massimo poeta etc., potremmo forse come antichisti far notare la profonda ingiustizia commessa nei confronti del primo millennio: chi mai si Ë occupato a suo tempo di una simile classifica per il periodo dallo 0 al 999 era cristiana? Il nostro Ovidio, che vince a mani basse la classifica dei poeti del I millennio, si vede defraudare di una meritata pubblicità).