La prima notizia sulla carriera accademica di Federico Petrucci è del 29 settembre 1321: in quella data fu chiamato
ad insegnare diritto canonico nello Studio di Siena, con l'elevata retribuzione annua di duecentosessanta fiorini
d'oro: la metà della somma, come prima rata del salario, gli sarà liquidata il 31 dicembre dello stesso anno. Il
giovane canonista (la data di nascita si colloca nell'ultimo decennio del Duecento) partecipava così a una fase breve
ma splendida dello Studio, nel quale ebbe come colleghi Cino da Pistoia, Paolo dei Liazari, Andrea Ciaffi, e, sulle
cattedre di arti e medicina, Taddeo da Parma, Dino del Garbo, Gentile da Foligno.
Della sua formazione abbiamo notizie lacunose. Figlio di Petruccio di Cambio e di Panchina, apparteneva a una
famiglia che proprio con la generazione del padre e con la sua si affermò tra quelle di maggior prestigio sulla
scena politica ed economica della città. Mentre i fratelli erano impegnati nelle cariche pubbliche e nelle attività
finanziarie, egli si dedicò agli studi, fino ad ottenere la laurea in diritto canonico. Studiò verosimilmente a
Bologna tra il 1311 e il 1317, dal momento che ricorda come suo maestro Giovanni D'Andrea (il quale a sua volta gli
riserva nei suoi scritti un lusinghiero riconoscimento), e forse a Bologna si laureò, anche se sulla conclusione dei
suoi studi non abbiamo alcuna notizia. Il Nardi esclude comunque, contro una tradizione presente nella
storiografia, che egli abbia potuto laurearsi a Siena, ricordando che a quell'epoca non c'era in città uno Studio
generale capace di conferire titoli ufficiali. Ai propri studi Federico accenna in due suppliche presentata a
Clemente VI nel 1343: da queste sappiamo anche che all'età di quattordici anni era entrato nella comunità dei frati
carmelitani, che però aveva lasciato dopo poco più di un anno, percorrendo poi la carriera ecclesiastica secolare.
Nell'anno 1322/23, con la ripresa dello Studio bolognese e il conseguente riflusso di studenti verso quella
sede, iniziò a profilarsi per lo Studio senese una preoccupante crisi, aggravata dalla perdurante difficoltà
rappresentata, sul piano istituzionale, dalla mancata concessione dei privilegi di Studio generale. Petrucci, insieme
con i prestigiosi docenti sopra ricordati, poté essere trattenuto sulla cattedra senese ancora per qualche tempo
grazie al deciso impegno finanziario del Comune.
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Ma dal 1326, aggravandosi ulteriormente la crisi e mentre molti importanti professori abbandonavano lo Studio, il
salario di Federico Petrucci subì una notevole riduzione. Egli manteneva l'insegnamento in patria, ma incominciò ad
affiancarlo con importanti e remunerativi incarichi di consulenza e diplomatici al servizio del Comune, incarichi
attestati anche dopo il 1330, quando nella documentazione non c'è più traccia di una sua attività didattica nello
Studio senese.
Nel 1333 Petrucci sottoscrive un consiglio a Perugia: si data generalmente da quest'anno il trasferimento e la sua
presenza su una cattedra di quella sede universitaria. Si è ipotizzato che egli vi giungesse non direttamente da
Siena, ma dopo aver insegnato nel 1331/32 in altre sedi, come Padova o Verona, dove la sua presenza è attestata, ma
senza che se ne possa precisare la cronologia. Nello Studio perugino, dotato dal 1308 delle prerogative di Studio
generale e allora all'inizio di un periodo di grande splendore, Federico Petrucci resterà fino al 1343: questi dieci
anni costituiscono probabilmente il periodo più fecondo nella sua biografia intellettuale: sia per quanto concerne
la produzione letteraria, destinata, sotto forma di consigli e questioni disputate, alla pratica e alla scuola, sia
per quanto attiene all'insegnamento, nel quale guadagnò grande fama. La memoria dell'Università di Perugia lo ricorda
come maestro di Baldo e come protagonista di una disputa con il collega Simone da Vicenza.
Nel 1443, con le suppliche già ricordate, Federico Petrucci chiese ed ottenne da Clemente VI l'autorizzazione ad
entrare nell'ordine benedettino. Per l'illustre docente ciò significò non tanto il ritorno, dopo molti anni, a
quella vocazione alla vita regolare che giovanissimo aveva brevemente sperimentato tra i Carmelitani, quanto l'inzio
di una nuova brillante carriera. Divenne prestissimo abate di una importante abbazia cassinese nei dintorni di
Siena, S. Eugenio a Monistero, e dal 1344 risiedette presso la Curia papale. Sono questi anche gli anni dei maggiori
successi economici e politici della sua famiglia, peraltro di breve durata e interrotti poi definitivamente dalla
conclusione del governo dei Nove nel 1355. Di Federico Petrucci non si hanno più notizie dopo il 1347; è ricordato
come non più in vita in un testamento del 1369, e si ipotizza che possa essere morto nel 1348, durante la Grande Peste.
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