JEAN-PIERRE MILOVANOFF
Jean-Pierre Milovanoff, di
origine russa, è nato a Nîmes e vive nel sud della Francia. Autore di una
decina di romanzi a partire dagli anni Settanta, ha avuto molteplici
riconoscimenti, tra cui il «Prix Joseph-Delteil» e il «Prix France Culture» per
La splendeur d’Antonia (Julliard, 1996), il «Prix
Goncourt des lycéens» per Le maître des paons (Julliard,
1997). Tra le sue ultime produzioni romanzesche si menzioneranno L’Offrande
sauvage (Grasset, 2000), Auréline (Grasset,
2000) e La mélancolie des innocents (Grasset, 2002).
Celebre il racconto Russe blanc, dove l’autore rievoca la
propria infanzia e dipinge la figura capitale del padre (Julliard, 1995).
Altrettanto viva è la sua vena teatrale (Cinquante mille nuits
d’amour et autres pièces, Julliard, 1994; Ange des peupliers,
Julliard, 1997), cui si aggiunge la raccolta di cronache e meditazioni sulla
vita, l’arte, la letteratura dal titolo Presque un manège (Julliard,
1998). Benché abbia pubblicato tre raccolte propriamente poetiche (Borgo
Babylone, Unes, 1997; La ballade du Lépreux,
Unes, 1998; Noir devant, Seghers, 2001), Milovanoff
fa dell’unicità sostanziale della vena creativa una necessità interiore ed il
presupposto stesso della sua scrittura. Come unica scaturigine di un pensiero
primitivo, complesso e fondatore, le forme si mescolano, si ibridano; tale
fenomeno metabolico si riscontra in ogni sua opera, dove versi si intercalano a
forme narrative, e una vena teatrale, drammatica e dialogica, si innesta nei
testi poetici o nei romanzi. In questa viva contaminazione tra le forme
riconosciamo la grande autenticità di una scrittura in cui elementi ritmici,
patetici, parodici o drammatici attingono alle più ancestrali risorse
dell’immaginario collettivo. A dispetto di un’artificiosità formale mutuata dal
canone letterario, l’opera intera di Milovanoff testimonia dell’essenziale
metamorfismo e ‘mimetismo’ della voce poetante nelle sue diverse e cangianti
figurazioni; della risorgenza di un mythos (canto,
dramma, racconto) che rivendica la forza plastica di un dettato mai riducibile
alla concettualizzazione.
Presentiamo qui, nelle
traduzioni inedite di Marie-Claude Charras [M.C.CH.], Marco Lombardi [M.L.] ed
Eliana Terzuoli [E.T.], (1) estratti scelti di Noir
devant (Seghers, 2001) e Borgo Babylone (Unes,
1997).
Michela Landi
(1) I diversi testi, tradotti sia separatamente, sia
congiuntamente, saranno contrassegnati dalle rispettive sigle dei traduttori.
Da Noir devant
CHANSON D’AVRIL Un matin d’avril, à Paestum, la bien-aimée, par pressentiment ou
terreur panique, à l’instant où j’allais lui dire mon amour, appliqua la main sur ma bouche. Et ce fut comme si ma face avait glissé sous le talon sourd d’une
bête et que je fusse condamné à ne pas sublimer l’amour Toi, ma Circé, couronnée de poisons, longtemps après ce deuil
étrange, te souviens-tu que j’ai voulu dormir un an entier, au milieu
des pourceaux ? Ô moissonneur à la tombée du jour, coupe un coquelicot pour ma maîtresse! Matelot, apporte-le-lui, par-delà la mort immortelle. VOCERO Pie grièche! Pie grièche dans le champ des moissonneurs! Va demander à mon frère s’il se souvient de sa sœur. Pie grièche! Pie grièche dans le champ des moissonneurs! Dis-lui qu’un homme m’emporte là où ne poussent les fleurs. Pie grièche! Pie grièche dans le champ des moissonneurs! Je ne veux pas qu’il me venge ni même qu’il verse des pleurs. Pie grièche! Pie grièche dans le champ des moissonneurs! Qu’il cuise un pain de farine! Qu’il le mange avec mon cœur! MIRLITON Hiver aveugle. Printemps sourd. Même la lune pèse plus lourd sur les épaules du bon à rien. Il marche et tombe dix fois par jour. Mais l’herbe file à son secours quand il trébuche contre les morts. Dans les collines un chien le suit puis l’abandonne pendant la nuit à la vindicte d’un rêve ancien où toujours souffle sur son cœur gourd la brise claire d’un long amour qui rend perplexe le bon à rien. |
CANZONE D’APRILE Un mattino d’aprile, a Paestum, la ben-amata, per presentimento o terror panico, proprio quando stavo per dirle il mio amore, mi posò la mano sulla bocca. E fu come se la mia faccia fosse scivolata sotto il tallone sordo di una bestia e fossi condannato a non sublimare l’amore. Tu, mia Circe, incoronata di veleni, a lungo dopo questo lutto strano, ti sovvieni che ho voluto dormire un anno intero, in mezzo ai porci? O mietitore al calar del giorno, taglia un papavero per la mia donna! Marinaio, portaglielo, al di là della morte immortale. [M.L.] VOCERO Gazza ciarliera! Gazza ciarliera nel campo dei mietitori! Va’ a chiedere a mio fratello se si ricorda di sua sorella. Gazza ciarliera! Gazza ciarliera nel campo dei mietitori! Digli che un uomo mi porta là dove non spuntano i fiori. Gazza ciarliera! Gazza ciarliera nel campo dei mietitori! Non voglio che lui mi vendichi e neppure che pianga per me. Gazza ciarliera! Gazza ciarliera nel campo dei mietitori! Che cuocia un pane di farina! E che lo mangi col mio cuore! [M.C.CH.] PICCOLI
VERSI Inverno cieco. Primavera sorda. Persino la luna pesa di più sulle spalle del buono a nulla. Cammina e cade dieci volte al giorno. Ma l’erba fine lo soccorre quando inciampa nei morti. Per le colline, un cane lo segue, poi l’abbandona durante la notte alla condanna di un sogno antico dove sempre soffia sul suo cuore freddo la brezza chiara di un lungo amore che lascia perplesso il buono a nulla. [M.L.] |
Da Borgo
Babylone
RUMEUR
A BORGO BABYLONE Ici, à Borgo Babylone, le bruit court qu’un ancien garde du palais, trafiquant d’argile notoire, aurait décidé de lotir les sept collines qui
protègent notre Cité. Or c’est là que nous
enfouissons les morts un à un: nos sœurs avec
leurs atours et leurs voiles, nos
frères nus, recroquevillés dans des jarres. Lorsqu’une rémission de
nos fatigues nous conduit sur ces pentes
rouges, il nous plaît de sentir le ciel autour de nos fronts
comme un fleuve, et la rouille dans l’eau
et la pluie sur nos yeux. Et nous rêvons que nous
n’avons jamais goûté le lait infecté de l’enfance. Jamais quitté un ventre
pour une bouche. Une bouche pour des cailloux. C’est pourquoi si cette rumeur se confirme, ici, à Borgo Babylone... L’enfant qui dort en moi, l’enfant perdu l’enfant qui dort entre les pieds du Dieu de pierre, l’enfant qui dort sous le soleil gris comme un lac l’enfant qui dort en moi qui ne dors pas à son réveil en moi, l’enfant perdu sera-t-il un mortel l’enfant qui dort ou le Divin couronné de fourmis? |
VOCI
A BORGO BABILONIA Qui, a Borgo Babilonia, corre voce che una vecchia guardia del palazzo, noto trafficante d’argilla, avrebbe deciso di
lottizzare le sette colline che proteggono la nostra Città. Ora, è li che seppelliamo i morti, uno a uno: le nostre sorelle con gli abiti più
belli e i veli, i nostri fratelli nudi, raggomitolati nelle giare. Quando una pausa dalle nostre fatiche ci conduce su questi pendii rossi, ci piace sentire il cielo attorno alla fronte come un fiume, e la ruggine nell’acqua e la pioggia sugli occhi. E allora sogniamo di non aver mai gustato il latte infetto dell’infanzia. Mai lasciato un grembo per una bocca. E una bocca per dei sassi. Per questo, se le voci si avverano, qui, a Borgo Babilonia... [E.T.] Il bambino che dorme in me, il bambino perduto, il bambino che dorme ai piedi del Dio di pietra, il bambino che dorme sotto il sole grigio come un lago, il bambino che dorme in me che non dormo, al suo risveglio in me, il bambino perduto sarà un mortale il bambino che dorme o il Divino incoronato di formiche? [M.C.CH./M.L./E.T.] |