Camminare il paesaggio della poesia
Cento anni dalla nascita di Mario Luzi
a cura di Roberto Mosi
La
strada tortuosa che da Siena conduce all’Orcia
traverso
il mare mosso
di
crete dilavate
che
mettono di marzo una peluria verde …
Da “Su fondamenti invisibili”
Presentazione
Sono molti i modi
per ricordare la figura di un grande poeta come Mario Luzi, conferenze,
convegni, ecc. Nell’occasione del programma riportato in questo fascicolo,
intendiamo farlo senza rimanere nel chiuso di una sala, percorrendo luoghi
legati al suo ricordo, a pagine della sua poesia.
Nello zaino possiamo portare i libri più amati di Mario
Luzi, per leggere i versi più suggestivi ad alta voce insieme ai compagni
dell’escursione. Sarà come la scoperta di nuove corrispondenze fra il suono
delle parole, le emozioni suscitate, i paesaggi incontrati nel nostro camminare.
Il
programma delle escursioni proposte si divide in due parti. Le camminate della
prima parte saranno effettuate nel prossimo autunno, ogni due settimane, il
sabato mattina. Quelle della seconda parte, di un’intera giornata, saranno
realizzate nella primavera del prossimo anno. Ogni uscita avrà un tema legato
alla vita e alla produzione poetica di Mario Luzi. I testi riportati nel
presente fascicolo rappresentano una prima scelta che sarà arricchita,
speriamo, dalle ulteriori scelte dei partecipanti.
Il
programma di escursioni dedicato al poeta fiorentino fa parte di un filone di
esperienze portate avanti da alcuni anni riguardo alla scoperta dei paesaggi
“cantati” da celebri poeti. Queste esperienze sono messe a disposizione, anche
nella forma del laboratorio partecipato, delle scuole e delle associazioni
interessate.
Roberto Mosi
TrekkingItalia,
ha sede, a Firenze, in via dell'Oriuolo 17. Tel. 055 2341040 , 055 2268207. Email: firenze@trekkingitalia.org. L’orario
di apertura: martedì, giovedì e venerdì
10,00 - 13,00 / 16,00 - 19,00 mercoledì 10,00 - 13,00
Prima parte del programma
I escursione. Sabato 4 ottobre
2014
A Castello, il paese delle origini e del ritorno.
Escursione:
facile; 3 ore; km 7.
Andremo a porre un fiore sulla tomba del poeta, nel
cimitero di Castello, presso la Chiesa di San Michele, alla periferia nord di
Firenze. La tomba è vicino a quelle della madre e del padre. Il cimitero di
campagna è nei pressi dei parchi di due ville medicee, la Villa di Castello e
la Villa della Petraia. Più in alto, il paesaggio variegato delle colline e,
poco dopo, il verde dei boschi che si innalzano fino alla cima di Monte
Morello; in basso le case e le fabbriche della pianura divise, nella prima
parte, dalla ferrovia per Bologna; in lontananza il centro di Firenze dominato
dalla Cupola del Brunelleschi. La scuola che Luzi frequentò era nelle scuderie
della villa medicea di Castello, trasformate in aule. In questi luoghi incontrò
i segni della guerra: vide arrivare alla stazione di Castello i soldati che giungevano dal fronte con le
ferite ancora vive, diretti alle due ville medicee, trasformate in ospedali militari.
Percorso: piazza
di Careggi, via della Quiete, via di Boldrone, Villa della Petraia (giardino),
Chiesa di San Miche e Cimitero, Villa Reale di Castello (giardino), viale della
Villa.
Ritrovo: piazza
Stazione S.M.N., fermata linea 14, ore 8.30. Rientro con il bus n. 28.
Da Il
silenzio, la voce (1984)
“Il posto dove sono nato, presso Firenze, ha
in sé un contrasto molto pronunziato. In alto, sulle colline, la forma
armoniosa e conclusa che gli architetti
delle ville e dei giardini hanno dato alla natura del Rinascimento e nel Sei
Settecento, in basso la polverosa animazione di una borgata industriale.
Inoltre un contrasto anche più lacerante assimilato, anch’esso nella prima
infanzia: quelle sobrie ma monumentali dimore del potere e del privilegio ho
imparato a conoscerle quando trasformate in ospedali militari ingoiavano dentro i loro cancelli colonne di
autoambulanze con a bordo i feriti che i treni provenienti dai fronti della
prima guerra mondiale scaricavano sulle banchine dei binari morti nella piccola
stazione di Castello di cui mio padre era il capo: qualcuno di quegli uomini
deposti sulle barelle con le bende insanguinate mi resta anche oggi stampato in
mente. Lo stesso luogo mi fece conoscere i disordini sociali del dopoguerra e
le violenze fasciste.
Più tardi spostandomi per alcuni anni in uno scenario più
antico e quasi araldico, a Siena e dintorni, tutto questo, unito alla
consapevolezza muta e profonda delle figure di quell’arte mi scese addentro
come dramma e come enigma.
Credo che l’alternanza e la mescolanza di questi due sentimenti
abbiano avuto un seguito ininterrotto e siano rimasti costanti nei riguardi
delle vicende della nostra epoca: il fascismo, la guerra, l’irrequietezza piena
di incubi del dopoguerra e dell’oggi.”
Dal fondo delle campagne (1965)
Mia madre
Mia
madre, mia eterna margherita
che piangi e mi sorridi
viva ora più di prima,
lo so, lo so quel che dovrei, pazienza
di forte non è questa ostinazione
d’uomo che teme la sua resa. Forza
è pace. Il sopore che s’insinua
nell’ora giusta fra due giuste veglie
è forza anch’esso, non viltà. Ma ormai
che i tuoi occhi mi s’aprono
solamente nell’anima, due punti
tenaci al fondo del braciere
con cui guardare tutto il resto, o santa,
non è il taglio a fil di lama
che partisce ombra e sole in queste vie
puntate contro il fuoco
del mare all’orizzonte, è un altro il segno
a cui dovrò tener fronte, segno
che ferisce, passa da parte a parte.
“Dal
fondo delle campagne” (1965)
Il
duro filamento
“Passa sotto la nostra casa qualche volta,
volgi un pensiero al
tempo ch’eravamo ancora tutti.
Ma non ti soffermare troppo a lungo”.
La voce
di colei che come serva fedele
chiamata si dispose alla partenza,
pianse ma preparò l’ultima cena
poi ascoltò la sentenza nuda e cruda
così come fu detta, quella voce
con un tremito appena più profondo,
appena più toccante ora che viene
di là dalla frontiera
d’ombra e lacera
come può la cortina d’anni e fora
la coltre di fatica ed’abiezione,
cerca il filo del vento, vi s’affida
finchè il vento la lascia a sé, s’aggira
ospite dove fu di casa, timida
e spersa in queste prime albe dell’anno.
….
“Passa
sotto la nostra casa qualche volta,
volgi un pensiero al tempo ch’eravamo ancora tutti.
Ma non ti soffermare troppo a lungo”
II Escursione. Sabato 18 ottobre
L’incontro con il fiume
Escursione:
facile, ore 4, km 8
La passeggiata è dedicata al paesaggio dell’Arno,
nella parte sud della città, visto con
lo sguardo di Mario Luzi. Una sosta al Giardino delle Rose, da Porta San
Niccolò, ci darà una visione d’insieme della valle del fiume, che poi percorreremo
in riva destra fino al Girone. Passiamo nei pressi di via della Bellariva, dove
il poeta visse gli ultimi quarant’anni della sua vita.
Percorso: Ponte
alle Grazie, Giardino delle Rose, via dei Bastioni, Lungarno Francesco
Ferrucci, Ponte da Verrazzano, riva destra dell’Arno, sosta all’altezza di via
della Bellariva, Pescaia di S. Andrea a Rovezzano, Girone.
Ritrovo: piazza
del Duomo n. 10 (palazzo della Regione), ore 9. Rientro con il bus n. 14.
Da “Su
fondamenti invisibili” (1971)
«Prega», dice, «per la città sommersa»
venendomi incontro dal passato
o dal futuro un’anima nascosta
dietro un lume di pila che mi cerca
nel liquame della strada deserta.
«Taci» imploro, dubbioso sia la mia
di ritorno al suo corpo perduto nel fango.
«Tu che hai visto fino al tramonto
la morte di una città, i suoi ultimi
furiosi annaspamenti d’annegata,
ascoltane il silenzio ora. E risvegliati»
continua quell’anima randagia
che non sono ben certo sia un’altra dalla mia
alla cerca di me nella palude sinistra.
«Risvegliati, non è questo silenzio
il silenzio mentale di una profonda metafora
come tu pensi la storia. Ma bruta
cessazione del suono. Morte. Morte e basta.»
«Non c’è morte che non sia anche nascita.
Soltanto per questo pregherò»
le dico sciaguattando ferito nella melma
mentre il suo lume lampeggia e si eclissa in un vicolo.
E la continuità manda un riflesso
duro, ambiguo, visibile alla talpa e alla lince.
Da “Poesie
sparse”
Fiume
da fiume
Si
pasce di sè il fiume, bruca
serpeggiando
le sue
quasi essiccate
sgorature,
visita
le sue
quasi aride pozzanghere,
si trascina ai suoi gi… putridi ristagni
finch‚ poco più oltre
un poco lo confortano
misteriosi trasudamenti,
lo irrorano frescure,
umori, vene
dal più profondo
del suo cuore sotterraneo
ed eccolo
rinasce esso dalle secche,
ora, si lascia dietro la sassaia
della sua quasi estinzione
per il suo nuovo cammino -
si muove verso se stesso il fiume,
si sposta dentro il suo cangiante bruco
ed entra, fiume nuovo
uscito dalle sue ceneri
nei luoghi dove opera
la primavera
e non c'è
fiore né gemma, non c'è ancora
ma c'è quella radiosa incandescenza
di luce e opacità nel bianco dell'aria,
c'è, ed ecco si diffonde, quella trepidante animula
e quel chiaro sopra la linea degli alberi,
quel già più festoso scintillamento delle acque.
C'è tutto "quello". E c'è
lui fiume,
ne vibra intimamente
il senso. C'è questo, c'è prodigiosamente.
III Escursione – Sabato 1°
novembre
La Cupola del Brunelleschi, fiore nostro fiorisci ancora
Escursione:
facile, 3 ore, km
Percorso dedicato alle pagine che Luzi scrisse per la Cupola del Duomo, l’opera del
Brunelleschi, monumento al centro del paesaggio fiorentino. La partenza è dalla
piazza del Duomo per salire poi al belvedere sulla città rappresentato dalla
parte alta del Giardino di Villa Bardini, da dove sembra di toccare con mano la
Cupola. Il ritorno verso il Centro passando dal Ponte Vecchio, dal Palagio di Parte Guelfa (ricordo di Eugenio
Montale); infine al Caffè delle Giubbe Rosse in piazza della Repubblica, per un
aperitivo in ricordo dei tempi passati.
Percorso:
Ponte alle Grazie, Giardino di Villa Bardini, Costa di San Giorgio, Ponte
Vecchio, Piazza del Palagio di Parte Guelfa, Piazza della Repubblica.
Ritrovo:
piazza del Duomo n. 10 (palazzo della Regione), ore 9. Nota: l’accesso al
Giardino di Villa Bardini è gratuito per i fiorentini, con documento
d’identità.
Da “Fiore nostro fiorisci ancora” (
1996)
Primo operaio
L’Estate è piena, il meriggio leva il cervello. Non bastano neppure questi
ponti e queste travature e rimuovere l’afa e l’oppressione. Sarà meglio dopo,
quando la cupola sarà tutta voltata fino all’ovo e chiusa sopra di noi. Allora
ci sarà anche fresco in ogni parte della basilica, si spera.
Intanto di questa stagione siamo richiesti di accrescere il lavoro, di
allungare la giornata. Quando gli altri per tutta Firenze sonnecchiano nella
lunga siesta dei giorni di canicola, noi siamo più che mai all’opera. Le
fiasche vanno e vengono tra le mani dei garzoni e dei maestri e presto sono asciutte.
Le ore sono lunghe. Ser Filippo non conosce pausa, sparisce e ricompare di
continuo. Gli frullano per il capo mille idee ma una, fissa, le sovrasta tutte:
questa cupola. Se va avanti, se regge per geometria, se il calcolo era giusto.
Sì, lui a suo dire n’è sempre stato certo, era spavaldo con gli altri uomini
dell’arte; ma, guardarlo, è tranquillo fino a un certo punto. Domanda i
capimastri, i tagliapietre, i legnaioli, se stimano possibile per la loro parte
dargli conferma che l’impresa è giusta e ragionevole.
E, lo sai bene anche tu,, chi è preso dalla sua mania e chi scuote la testa ma
continua con parecchia incredulità il suo lavoro nel cantiere.
Secondo operaio
Tu con chi stai, io con chi mi metto? Non so proprio rispondere neppure per me
stesso.
Primo operaio
No, non è facile... però io sono parte di questa fabbrica che cresce; e questo
mi basta. Non soltanto mi basta ma anche mi convince. La città edifica lei
stessa la sua chiesa, si alza verso il cielo e usa la nostra fatica e la nostra
arte per farlo. Mi ha preso e trascinato nel febbrile formicaio della sua
officina.
…………
“Fiore
della fede”
E’ la mia voce ora che ascoltate,
sono Santa Maria del Fiore.
Mi volle la città fervente
alta sopra di sé,
sopra qualsiasi altra
delle sue grandi basiliche
e le sue umili parrocchie
e Santa Reparata che custodisco in me.
Grande mi concepirono i mercanti
e il popolo minuto.
Ebbero di me una visione grande
Arnolfo, Giotto, ser Filippo,
assistettero alla mia nascita, essi,
propiziarono la mia crescita,
un popolo di artefici si adoperò per me nei secoli,
l’Opificio è ancora aperto;
non sarò mai compiuta.
Si tenevano fra le mie mura nascenti
i dialoghi che avete ora ascoltato,
non erano neanch’essi profani,
mi alzavo sopra la città per opera della pietà comune
e di spicciola pazienza.
e
rivissuta, vivente architettura.
IV Escursione - Sabato 15
novembre
“Il viaggio di Simone Martini” e le origini senesi
Escursione: facile,
3 ore, 8 km
La camminata è dedicata al ricordo delle origini senesi
del poeta, origini rivendicate con orgoglio. Il percorso si allontana dal
centro cittadino per salire sulla collina di Settignano e fermarsi alla piazza
Desiderio da Settignano, davanti al panorama di Firenze. Avremo con noi il
libro di Luzi Viaggio terrestre e celeste
di Simone Martini per leggere i versi che esprimono la diffidenza
dell’artista senese che osserva Firenze dall’alto, durante il viaggio di
ritorno da Avignone a Siena: “E’là, lei,
la Gran Villa/ che brulica e formicola/ di là dal fiume. Lo tenta/ e lo
respinge,/ ostica …”. La strada per arrivare a Settignano ci avvicina a
ricordi dell’universo della poesia: Parco di San Salvi e la reclusione di Dino
Campana nel manicomio(ricordo nel centenario della pubblicazione dei Canti
Orfici); Ponte a Mensola e il ricordo delle opere di Giovanni Boccaccio, Il Decamerone e Il Ninfale Fiesolano; via della Capponcina, dove abitarono
D’Annunzio e la Duse.
Percorso: viale
interno del Parco di Salvi, via del Guarlone, Ponte a Mensola, via della
Capponcina, Piazza Desiderio da Settignano.
Ritrovo:
piazza San Marco, fermata del bus n. 6; ore 8.30. Rientro da Settignano con il
bus n. 10.
Da “Viaggio
terrestre e celeste di Simone Martini” (1994)
Si
approssima Firenze.
Si aggrega la città.
S’addensano
i suoi prima
rari
sparpagliati borghi.
S’infittiscono
gli
orti e i monasteri.
Lo
attrae nel suo gomitolo,
ma è incerto
se
sfidarne il labirinto
o
tenersi alla proda, non varcare il ponte.
Il
seguito è sfinito. Il sono e il caldo
ne annientano il respiro.
E’
là, lei, la Gran Villa
che
brulica e formicola.
Di
là dal fiume. Lo tenta
e
lo respinge,
ostica,
non sa
bene
in che cosa, ma ostica
eppure
seducente,
vivida.
In molti lo conoscono,
alcuni
tra i Maestri
pregiano
la sua arte,
ma
lui teme la loro,
evita
il paragone,
non
desidera il confronto.
……
Ah
Firenze, Firenze. Sonnecchiano
intontiti
i viaggiatori nella sosta.
Meglio
rimettersi in cammino,
prendere
la via di Siena, immantinente.
Seconda
parte del programma
I Escursione – Domenica (da
stabilire) marzo 2015
L’incontro
con i compagni della giovinezza nel sentiero lungo gli argini del Bisenzio
Escursione:
facile, 5 ore, km 12
Percorso
di una giornata dedicato a rievocare il paesaggio della poesia “Presso il
Bisenzio” , il fiume che attraversa la città di Prato, la pianura industriale
pratese e fiorentina e si getta nell’Arno all’altezza di Signa, circondato da
capannoni delle lavorazioni tessili, dalle quali si dipartono gore con i
residui delle conce. Sugli argini del fiume il poeta incontra i compagni della
prima gioventù, che hanno avuto un destino ben diverso rispetto al suo.
Percorso:
stazione di Calenzano, Capalle, Campi Bisenzio, San Mauro, Signa
Ritrovo:
Stazione di SMN, ore 8.30 (biglietto per Calenzano); rientro dalla stazione di
Signa.
Da Magma (1965)
Presso il Bisenzio
La
nebbia ghiacciata affumica la gora della concia
e il viottolo che segue la proda. Ne escono quattro
non so se visti o non mai visti prima,
pigri nell'andatura, pigri anche nel fermarsi fronte a fronte.
Uno, il più lavorato da smanie e il più indolente,
mi si fa incontro, mi dice: «Tu? Non sei dei nostri.
Non ti sei bruciato come noi al fuoco della lotta
quando divampava e ardevano nel rogo bene e male».
Lo fisso senza dar risposta nei suoi occhi vizzi, deboli,
e colgo mentre guizza lungo il labbro di sotto
[un'inquietudine.
«Ci fu solo un tempo per redimersi» qui il tremito
si torce in tic convulso «o perdersi, e fu quello.»
Gli altri costretti a una sosta impreveduta
dànno segni di fastidio, ma non fiatano,
muovono i piedi in cadenza contro il freddo
e masticano gomma guardando me o nessuno.
«Dunque sei muto?» imprecano le labbra tormentate
mentre lui si fa sotto e retrocede
frenetico, più volte, finché‚ è là
fermo, addossato a un palo, che mi guarda
tra ironico e furente. E aspetta. Il luogo,
quel poco ch'è visibile, è deserto;
la nebbia stringe dappresso le persone
e non lascia apparire che la terra fradicia dell'argine
e il cigaro, la pianta grassa dei fossati che stilla muco.
E io: «E' difficile spiegarti. Ma sappi che il cammino
per me era più lungo che per voi
e passava da altre parti». «Quali parti?»
Come io non vado avanti,
mi fissa a lungo ed aspetta. «Quali parti?»
I compagni, uno si dondola, uno molleggia il corpo sui
[garetti
e tutti masticano gomma e mi guardano, me oppure il [vuoto.
«E' difficile, difficile spiegarti.»
C'è silenzio a lungo,
mentre tutto è fermo,
mentre l'acqua della gora fruscia.
Poi mi lasciano lì e io li seguo a distanza.
Ma
uno d'essi, il più giovane, mi pare, e il più malcerto,
si fa da un lato, s'attarda sul ciglio erboso ad aspettarmi
mentre seguo lento loro inghiottiti dalla nebbia. A un [passo
ormai, ma senza ch'io mi fermi, ci guardiamo,
poi abbassando gli occhi lui ha un sorriso da infermo.
«O Mario» dice e mi si mette al fianco
per quella strada che non è una strada
ma una traccia tortuosa che si perde nel fango
«guardati, guardati d'attorno. Mentre pensi
e accordi le sfere d'orologio della mente
sul moto dei pianeti per un presente eterno
che non è il nostro, che non è qui né ora,
volgiti e guarda il mondo come è divenuto,
poni mente a che cosa questo tempo ti richiede,
non la profondità, né l'ardimento,
ma la ripetizione di parole,
la mimesi senza perché né come
dei gesti in cui si sfrena la nostra moltitudine
morsa dalla tarantola della vita, e basta.
Tu dici di puntare alto, di là dalle apparenze,
e non senti che è troppo. Troppo, intendo,
per noi che siamo dopo tutto i tuoi compagni,
giovani ma logorati dalla lotta e più che dalla lotta, dalla
[sua mancanza umiliante.»
Ascolto insieme i passi nella nebbia dei compagni che si
[eclissano
e questa voce venire a strappi rotta da un ansito.
Rispondo: «Lavoro anche per voi, per amor vostro».
Lui tace per un po' quasi a ricever questa pietra in cambio
del sacco doloroso vuotato ai miei piedi e spanto.
E come io non dico altro, lui di nuovo: «O Mario,
com'è triste essere ostili, dirti che rifiutiamo la salvezza,
né mangiamo del cibo che ci porgi, dirti che ci offende».
Lascio placarsi a poco a poco il suo respiro mozzato [dall'affanno
mentre i passi dei compagni si spengono
e solo l'acqua della gora fruscia di quando in quando.
«E' triste, ma è il nostro destino: convivere in uno stesso
[tempo e luogo
e farci guerra per amore. Intendo la tua angoscia,
ma sono io che pago tutto il debito. E ho accettato questa [sorte.»
E lui, ora smarrito ed indignato: «Tu" tu solamente"».
Ma poi desiste dallo sfogo, mi stringe la mano con le sue
[convulse
e agita il capo: «O Mario, ma è terribile, è terribile tu non [sia dei nostri».
E piange, e anche io piangerei
se non fosse che devo mostrarmi uomo a lui che pochi ne [ha veduti.
Poi corre via succhiato dalla nebbia del viottolo.
Rimango
a misurare il poco detto,
il molto udito, mentre l'acqua della gora fruscia,
mentre ronzano fili alti nella nebbia sopra pali e antenne.
«Non potrai giudicare di questi anni vissuti a cuore duro,
mi dico, potranno altri in un tempo diverso.
Prega che la loro anima sia spoglia
e la loro pietà sia più perfetta.»
II Escursione - Domenica (da stabilire) aprile 1915
La salita al Monte Senario , la fuga dei monti fino
all’Amiata, il silenzio del bosco e la voce della poesia
Escursione:
media-facile, km 14, 6 ore
La meta è Monte Senario, da dove lo sguardo, in una
giornata serena, spazia, da una parte, sui monti dell’Appennino, dall’altra, a
sud sulle colline del Chianti, con il profilo dell’Amiata sullo sfondo. E’
l’occasione per ricordare pagine di Mario Luzi dedicate alla terra di Siena e
alla Val d’Orcia. Scendendo dal Monte Senario, percorriamo il “Sentiero di
Andrea”, un percorso ad anello realizzato in ricordo di un giovane operaio forestale morto in un incidente, che ci
porta nel profondo del bosco, in luoghi
pieni di silenzio.
Percorso:
Stazione di Vaglia, Signano, Sommavilla, Sorbo, Poggio agli Uccellini,
Bivigliano, Montesenario, Piazzale della Croce, Sentiero di Andrea, Bivigliano,
Stazione di Vaglia
Ritrovo:
Stazione SMN ore 8.30; rientro dalla Stazione di Vaglia
Da “Sotto
specie umana” (1999)
Vanno
ai monti i monti
da
soli o con le nubi
sulla
cresta o ai fianchi,
si
uniscono, si salgono sulla groppa,
si
celano l’un l’altro,
si
confondono
terra
in cielo,
cielo
in rupi d’aria e nuvole,
cammini
non sappiamo se per uomini o per numi
ne
varcano le mutevole frontiera
a
scendere e discendere
è
il loro moto
tra
roccia e terra di pianoro
aperto,
senza riparo
dalle
origini alle origini.
Ne
recano il segno le tue musiche
chiunque
tu sia che mi tormenti
con
le tue lamentazioni
dal
perduto grembo
di
anima e materia,
di
umano, divino, subumano,
uniti
in un’orchestra,
tu,
io, la secolare festa.
da “Su
fondamenti invisibili”, 1971
La
strada tortuosa che da Siena conduce all’Orcia,
traverso
il mare mosso
di
crete dilavate
che
mettono di marzo una peluria verde
è
una strada fuori del tempo, una strada aperta
e
punta con le sue giravolte al cuore dell’enigma.
Reale
o irreale, solare o notturna –
assorti
ne seguivano
il
lungo saliscendi
di
padre in figlio i miei vecchi con un presagio di tormento.
Reale
o irreale, solare o notturna –
interroga
negli anni
la
mente – e l’idea di vita le si screzia
d’un
volto doppio imprevedibile –
interroga
il pianeta duro della landa,
i
poggi bruciati, le sparse rocche.
E
il vento, non so se dal tempo o dallo spazio che frusta il sangue.
Pensieri
tirati sulla corda
d’un
interrogazione senza fine
non
lasciano vivere, non hanno risposta.
Lo
intende bene lei passata da quelle dune.
Da “Il
silenzio, la voce” (1984)
“Il cosmo umano ha anch’esso la sua
lingua silenziosa, così come la parola è carica di tutti i passaggi della
sofferenza che vi si sono impressi, e la voce sempre un po’ trafelata dal mare
ininterrotto del mutamento, del divenire, della storia. Il silenzio è
gremito di parole taciute o tacitate o
represse o obliterate. …
E poi c’è la voce umile o sperduta di coloro che l’hanno usata pre
provocare la tua, che hanno interrogato perché
tu rispondessi. La voce del poeta si coniuga con quelle voci,
s’inserisce o stride in quel concento. In tutte le sue forme implicite ed
esplicite il linguaggio della poesia diventa dialogo.”
Biografia di Mario Luzi - Cenni
Mario Luzi è nato a Firenze, nel quartiere di Castello,
nel 1914 ed è morto nel 2005 nella sua casa di Firenze. Luzi ha curaro in
settant’anni di lavoro un’ampia produzione
poetica, drammaturgica, critica.
Tra le sue raccolte poetiche, ricordiamo: La barca (1935, Avvento notturno (1940),
Onore del vero (1957), Nel magma (1963), Dal fondo delle campagne (1965), Su fondamenti invisibili (1971), Per il battesimo dei nostri frammenti (1985), Viaggio terrestre e celeste di Simone
Martini (1994), Sotto specie umana,
La passione, Via Crucis al Colosseo (1999, Dottrina dell’estremo principiante (2004).
Ha insegnato dalle scuole medie all’Università. Più volte
candidato al Premio Nobel per la Letteratura, nel 2004 fu nominato senatore a
vita della Repubblica italiana.
Comunicazioni
Informazioni
aggiornate sui trekking previsti dal programma saranno riportate dal sito www.trekkingitalia.org e
dal notiziario periodico della sede fiorentina. Per comunicazioni con
l’accompagnatore dei trek, Roberto Mosi: e-mail: mosi.firenze @gmail.com; cell. 3403878503.
Nell’ambito
dell’“Estate Eclettica” organizzata da Lando Santoni a Bivigliano, il 13
settembre si parlerà, alle ore 17.30: “Camminare il paesaggio poetico di Mario
Luzi, nel centenario della sua nascita”.
La sede dell’incontro: Circolo Arci di Bivigliano, via della Vecchia
Scuola.
Il Trekking
Italia di Firenze organizzerà nella settimana che precede la prima escursione,
un apposito incontro per illustrare le caratteristiche dei trek, la cui data
sarà comunicata tempestivamente.
Alla Libreria Salvemini, piazza
Salvemini, martedì 22 ottobre alle ore 18, Roberto Mosi illustrerà il tema
“Camminare il paesaggio cantato dai poeti. Esperienze e progetti”, insieme a
rappresentanti del Settore scuola di Trekking Italia, di scuole fiorentine,
della Scuola di Scrittura Creativa della Rivista “Semicerchio”.