Che Dio esista si può provare per cinque
vie. La prima e la più evidente è
quella che si desume dal moto. E’ certo
infatti e consta dai sensi, che in questo mondo
alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò
che si muove è mosso da un altro ...
perché muovere null’altro significa
che trarre qualche cosa dalla potenza all’atto,
e niente può essere ridotto dalla potenza
all'atto se non mediante un essere che è
già in atto ... Ma non è possibile
che una stessa cosa sia simul-taneamente e sotto
lo stesso aspetto in atto ed in potenza ...
E' dunque necessario che tutto ciò che
si muove sia mosso da un altro. Se dunque l'essere
che muove è anch'esso soggetto a movimento,
bisogna che sia mosso da un altro, e questo
da un terzo e cosi via. Ora, non si può
in tal modo procedere all'infinito, perché
altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e
di conseguenza nessun altro motore, perché
i motori intermedi non muovono se non in quanto
sono mossi dal primo motore, come il bastone
non muove se non in quanto è mosso dalla
mano. Dunque è necessario arrivare ad
un primo motore che non sia mosso da altri;
e tutti ricono-scono che esso è Dio.
La seconda via parte dalla nozione di causa
efficiente. Troviamo nel mondo sensibile che
vi è un ordine tra le cause efficienti,
ma non si trova, ed è impossibile, che
una cosa sia causa efficiente di se medesima;
che altrimenti sarebbe prima di se stessa, cosa
inconcepibile ... ora, eliminata la causa è
tolto anche l'effetto: se dunque nell'ordine
delle cause efficienti non vi fosse una prima
causa, non vi sarebbe neppure l'ultima, né
l'intermedia. Ma procedere all'infinito nelle
cause efficienti equivale ad eliminare la prima
causa efficiente; e cosi non avremo neppure
l'effetto ultimo, né le cause intermedie:
ciò che evidentemente è falso.
Dunque bisogna ammettere una prima, causa efficiente,
che tutti chiamano Dio.
La terza via è presa dal possibile [o
contingente] e dal necessario ... Alcune cose
nascono e finiscono, il che vuol dire che possono
essere e non essere. Ora, è impossibile
che tutte le cose di tal natura siano sempre
state, perché ciò che può
non essere un tempo non esisteva ... Ma se questo
è vero, anche ora non esisterebbe niente
perchè ciò che non esiste, non
comincia ad esistere se non per qualche cosa
che è. Dunque, se non c'era ente alcuno,
è impossibile che qualche cosa cominciasse
ad esistere, e così anche ora non ci
sarebbe niente, il che è evidentemente
falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti,
ma bisogna, che nella realtà, vi sia
qualche cosa di necessari ... Dunque bisogna
concludere all’esistenza di un essere
che sia di per se necessario, e non tragga da
altri la sua necessità, ma sia causa
di necessità agli altri. E questo tutti
dicono Dio.
La quarta via si prende dai gradi che si riscontrano
nelle cose. E un fatto che nelle cose si trova
il bene, il vero, il nobile e altre simili perfezioni
in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore
o minore si attribuisce alle diverse cose secondo
che esse si accostino di più o di meno
ad alcunché di sommo e di assoluto ...Vi
è dunque un qualche cosa che è
vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza
qualche cosa che è il supremo ente; perché,
come dice Aristotele, ciò che è
massimo in quanto vero, è tale anche
in quanto ente. Ora, ciò che è
massimo in un dato genere, è causa di
tutti gli appartenenti a quel genere ... Dunque
vi è qualche cosa che per tutti gli enti
è causa dell’essere, della bontà
e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo
Dio.
La quinta via si desume dal governo delle cose.
Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive
di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano
per un fine, come apparisce dal fatto che esse
operano sempre o quasi sempre allo stesso modo
per conseguire la perfezione: donde appare che
non a caso, ma per una predisposizione, raggiungono
il loro fine. Ora ciò che è privato
d’intelligenza, non tende al fine se non
perché è diretto da un essere
conoscitivo e intelligente, come la freccia
dall’arciere. Vi è dunque un qualche
essere intelligente, dal quale tutte le cose
naturali sono ordinate ad un fine: e quest’essere
chiamiamo Dio.
(Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica,
traduzione e commento a cura dei domenicani
italiani, Libro I, q.2, a.3, pp. 80-86)
|