61. La forza e l’inattaccabilità
di questa dimostrazione appare, poi, dal fatto
che chiunque volesse discostarsi da questa via,
necessariamente si troverebbe a dire qualcosa
di inconveniente. E’ chiaro infatti che
è proprio questo uomo singolo che intende:
noi non ci interrogheremmo infatti sull’intelletto,
se non fossimo noi ad intendere ... Aristotele
conclude perciò in questo modo: se qualcosa
è il principio primo per il quale intendiamo,
bisogna che esso sia forma del corpo; perché
egli stesso ha mostrato precedentemente che
ciò per cui primariamente qualcosa opera
è la forma ...
62. Se invece dici che il principio di questo
atto che è l’intendere, principio
che chiamiamo intelletto, non è la forma,
dovresti trovare il modo in cui l’azione
di quel principio sia l’azione di questo
uomo. E’ ciò che in modo diversi
alcuni hanno cercato di fare. Uno di essi, Averroè,
il quale riteneva siffatto principio dell’intendere
che chiamiamo intelletto possibile non fosse
né anima, né parte dell’anima,
se non in un senso equivoco, bensì piuttosto
una sostanza separata, disse che l’intendere
di quella sostanza separata è l’intendere
mio o tuo, in quanto quell’intelletto
possibile si unisce a me o a te attraverso i
fantasmi che sono in me o in te ... e così,
mentre l’intelletto possibile intende,
questo uomo intende.
63. Ma che questa tesi non valga, è chiaro
per tre motivi. Primo, perché questo
contatto dell’intelletto con l’uomo
non avverrebbe dall’inizio della sua generazione,
come sostiene Teofrasto e accenna Aristotele
nel secondo libro della Fisica .... Secondo
le parole di Averroè, invece, l’intelletto
non è collegato con l’uomo dalla
sua generazione, ma dall’operazione del
senso, in quanto è senziente in atto.
L’immaginazione infatti << è
un moto prodotto dal senso quando è in
atto>>, come si dice nel De Anima.
64. In secondo luogo, un tale collegamento non
avverrebbe per mezzo di un unico elemento (
mediatore) , ma per mezzo di più elementi.
Infatti è evidente che la specie intelligibile,
in quanto è nei fantasmi, è conosciuta
in potenza, mentre nell’intelletto possibile
vi è in quanto è conosciuta in
atto, per astrazione dai fantasmi. Se dunque
la specie intelligibile non è forma dell’intelletto
possibile se non in quanto è astratta
dai fantasmi, ne segue che dalla specie intelligibile
l’intelletto non è collegato ai
fantasmi ... A meno che non si dica che l’intelletto
possibile è collegato ai fantasmi come
lo specchio è collegato all’uomo,
la cui immagine è riflessa nella specchio.
Ma è manifesto che un tale collegamento
non basta per un effettivo collegamento dell’atto
di intendere, poiché come l’azione
dello specchio, cioè lo specchiare, non
può attribuirsi all’uomo ( che
è specchiato), così l’azione
dell’intelletto possibile non può
per un tale collegamento essere attribuita al
singolo uomo ... per spiegare che questo uomo
intende.
65. In terzo luogo, pur concesso che una singola
e medesima specie sia forma dell’intelletto
possibile e sia contemporaneamente nei fantasmi,
un simile collegamento non basterebbe ancora
a spiegare il fatto che questo singolo uomo
intenda. Infatti è evidente che per mezzo
della specie intelligibile qualcosa è
conosciuto, mentre per mezzo della potenza intellettiva
qualcosa conosce; analogamente ... la parete,
nella quale sta il colore e la cui specie sensibile
è in atto nell’occhio, è
veduta, non vede, mentre l’animale dotato
di potenza visiva, nella quale sta la specie
sensibile, vede. Orbene il collegamento tra
l’intelletto possibile e l’uomo
nel quale sono i fantasmi, le cui specie sono
nell’intelletto possibile, è identico
al collegamento che c’era tra la parete
soggetto del colore e l’organo visivo
in cui è la specie del colore. Come la
parete non vede, bensì è visto
il suo colore, così < nella posizione
di Averroè> l’uomo non conoscerebbe,
ma i suoi fantasmi sarebbero conosciuti dall’intelletto
possibile. E’ dunque impossibile, stando
alla posizione di Averroè, spiegare come
il singolo uomo intenda. (Unità dell'intelletto
contro gli averroisti, tr. Ghisalberti, pp.
117-123)
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