Poiché, dunque, è vncolo che conserva nell’essere le cose che sono, egli non è soggetto ad alcuna forza, e tutto ciò che di lui è vero è necessario che sia come è: e proprio per questo è rettamente chiamato Necessità Assoluta, la quale è lo stesso che Forma delle forme, o Unità, o Eternità. Dio, infatti, è forma non materiata e che non può unirsi alla materia, ed è anche fondamento ( substantia ), e compiegamento della successione dei tempi. In quanto è forma, infine, fa gli enti dal niente, portando all’essere ciò che non era. L’essere, infatti, è dalla forma, poiché consegue alla partecipazione dell’unità: è ciò che è, infatti, fintantochè è uno, e si mantiene nelle stesso modo. ,a quando si scinde in più modi, così da non essere più uno, perisce e non è. Dalla pluralità, infatti, deriva la morte e il disfacimento, e così anche dalla separazione e dalla divisione, giacchè sono conseguenze della mutabilità che è causa di morte. E, tutto ciò, altro non è se non la possibilità che tiene tutte le cose compiegate in se stessa. La totalità del reale, infatti, è anche nella possibilità assoluta. Tutte le cose che sono copiegate nella semplicità divina potevano essere portate all’atto, e sono i possibili. Pertanto, per il fatto stesso che può ora volgersi da un aparte, e ora ricadere nella parte contraria, la totalità del reale è possibilità assoluta, perché non è impedita di determinarsi in questo o in quel modo. Per ciò stesso essa è materia primordiale, che altri chiamano hyle, altri “silva”, altri “caos”, altri “inferno”, e alcuni l’hanno chiamata idoneità e mancanza, ed è creata da Dio. L’unità, infatti, precede la pluralità, e crea per moltiplicaizone di sé: allo stesso modo, il semplice precede il molteplice e lo crea, e così anche la forma senza materia crea la materia cui è precedente. Tutto ciò dimostra in modo irrefragabile essere scorretta l’affermazione di coloro che dividono le singole forme, per esempio l’umanità in tante umanità. Infatti, come si è detto, l’essere deriva dalla forma, mentre dalla divisone e dalla dispersione dell’unità derivano la morte e il disfacimento. In tal modo costoro connettono cose contraddittorie, che assolutamente non sono compatibili: e in ciò, appunto, consiste il loro errore. Quella totalità, dunque, che la Necessità Assoluta tiene complicata secondo semplicità in se stessa, si dispiega nella verità delle forme e delle immagini, che noi chiamiamo “idee”, e le dispone con un certo ordine nella serie delle cause: serie che necessariamente deve essere così. E le cose seguono quella serie, quando [qualcosa] si pone sotto una qualche causa di quella serie. E ciò viene detto necessutà determinata o necessità della connessione, per il fatto che, quandoincontriamo un qualsiasi contenuto di quella serie, non possiamo evitare la connessione a catena di tutte le altre cause. Alcuni l’hanno chiamata “legge di natura”, altri “natura”, altri “anima del mondo”, altri “ordine naturale”, altri ancora “eimarmene”, o “fato”, oppure “parche”, o, infine “ intelligenza divina”, poiché, se non si viene in contatto di nessuna causa di quella connessione, no soggiaciamo affatto a quella connessione. E proprio per ciò una tale necessità si dice necesità determinata, o necessità dell’ordine. Le forme e le idee di questa necessità ( viene, infatti, chiamata in questo modo, poiché è intelligenza di Dio che opera sulla materia), unite alla materia e trascurata la loro verità, si trasformano nella loro immagine, e circoscrivono il fluire della materia. E quella medesima circoscrivono il fluire della materia. E quella medesima totalità del reale è anche possibilità determinata, in quanto è ridotta in atti concreti dall’unione di inteligenza e materia. C’è anche chi chiama la totalità del reale, in questo modo che noi abiamo chiamato possibilità definita, col nome di “realtà in atto”, o “enti”, o “sensibili”; così come c’è chi chiama “provvidenza” o prothoennoian quel “modo” della totalità del reale che noi abbiamo chiamato “necessità assoluta”. (Il Divino e il megacosmo, pp. 125-125, §§ 15-22)
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