Inizierò il mio discorso, in questo
capitolo, presentandoti la parabola che segue.
Un sovrano è nel suo palazzo, mentre
i suoi sudditi stanno parte in città,
parte fuori della città. Di quelli che
stanno nella città, gli uni voltano le
spalle alla dimora del sovrano, dirigendosi
da un’altra parte; gli altri si volgono
verso la dimora del sovrano e, dirigendosi verso
di essa, cercano di entrare nella sua dimora
e di comparire alla sua presenza, ma, finora,
non hanno neppure scorto il muro del palazzo.
Altri, tra quanti cercavano di raggiungerlo,
una volta giunti al palazzo, gli girano attorno
per individuare l’entrata; altri sono
entrati e passeggiano nei vestiboli; altri,
ancora, sono riusciti ad entrare nel cortile
interno del palazzo, giungendo al luogo ove
si trova il sovrano, ossia alla sua dimora.
Tuttavia, per quanto arrivati a questa dimora,
costoro non possono né vedere il re,
né parlargli. Dopo essere giunti all’interno
della sua dimora, devono ancora fare altri passi
indispensabili, e solo allora potranno presentarsi
al sovrano, vederlo da lontano o da vicino,
ascoltare la sua parola o parlargli.
Ora spiegherò questa parabola, che ho
escogitato:
coloro che stanno al di fuori della città
sono tutti gli uomini che non hanno alcuna fede
religiosa, né speculativa, né
tradizionale, come i Turchi più lontani
dell’estremo Nord, i negri all’estremo
Sud, e quanti sono come loro, nei nostri paesi.
Costoro vanno considerati alla stregua di animali
irrazionali. Non li colloco al livello degli
uomini, perché, tra gli esseri, occupano
un rango inferiore a quello dell’uomo
e superiore a quello della scimmia; hanno, infatti,
la figura e i tratti dell’uomo e un discernimento
superiore a quello della scimmia.
Coloro che stanno nella città, ma voltano
le spalle alla dimora del sovrano sono gli uomini
che hanno un’opinione e che pensano, ma
hanno concepito idee contrarie alla verità,
sia in conseguenza di un grave errore in cui
sono incorsi nella loro speculazione, sia per
aver seguito chi era in errore. Costoro, a motivo
delle loro opinioni, quanto più procedono,
tanto più si allontanano dalla dimora
del sovrano. Essi sono molto peggiori dei primi,
e possono presentarsi occasioni in cui diventa
addirittura necessario ucciderli, cancellando
le tracce delle loro opinioni, affinché
non svilino gli altri. Coloro che si dirigono
verso la dimora del sovrano e cercano di entrarvi,
ma non hanno neppure scorto il muro del palazzo,
sono la folla degli uomini religiosi, intendo
dire gli ignoranti che osservano i precetti.
Coloro che, giunti al palazzo, gli girano intorno,
sono i giuristi che, per tradizione, ammettono
le opinioni vere, che discutono sulle pratiche
del culto, ma non si impegnano nella speculazione
sui principi fondamentali della religione, né
cercano, in qualche modo, i stabilire la verità
di una qualche credenza.
Coloro, invece, che si immergono nella speculazione
sui principi fondamentali della religione, sono
<<coloro che sono entrati nei vestiboli>>,
ove gli uomini si trovano indubbiamente ammessi
secondo ranghi diversi. […] (Guida dei
perplessi, tr. in C. Sirat, La filosofia ebraica
medievale, ed.it. a cura di B.Chiesa, Paideia,
1990, pp. 206-07)
|