E’ dunque indispensabile all’uomo che vuole amare Dio o che già lo ama, esaminare sempre il suo animo, interrogare la sua coscienza su che cosa sia ciò che egli vuole in modo assoluto, e sui motivi per cui vuole qualunque altra cosa voglia lo spirito, o odi qualunque cosa in contrario desideri la carne. Certe volizioni, infatti, vengono e vanno come dall’esterno, sfiorando l’anima, e per esse ora si vuole, ora non si vuole. Non vanno ascritte tra le volontà, ma quasi tra i pensieri oziosi. Benché infatti esse talvolta giungano sino a incantare l’anima, una volta padrona di se stessa quest’ultima tuttavia velocemente se ne libera. Per ritornare a quel che vuole in modo assoluto, l’anima deve prima esaminare che cosa sia ciò che essa vuole così: in seguito, in che misura e in che modo lo voglia. Se ciò che essa vuole assolutamente è Dio, bisogna che essa vagli bene in che misura e in quale maniera voglia Dio, se fino al disprezzo si sé, di tutto ciò che esiste o può esistere; e ciò non soltanto in virtù di un giudizio della ragione, ma ancora per un affetto dell’animo, in modo che la volontà sia più che volontà: sia amore, dilezione, carità, unità dello spirito. E’ così infatti che bisogna amare Dio. Una volontà grande tesa verso Dio, è amore; la dilezione, è l’aderenza o l’unione con Dio; la carità ne è il godimento. Quanto all’unità dello spirito con Dio, per l’uomo che volge il cuore in alto, è la perfezione della volontà nella sua ascesa verso Dio; non soltanto l’anima vuole ciò che Dio vuole, ma tale è non tanto la sua affezione, quanto la perfezione della sua affezione, che non può voler altro che ciò che Dio vuole.
[…] Si chiama unità dello spirito non tanto perché lo Spirito Santo la dispone o vi appone lo spirito dell’uomo, ma perché essa è lo stesso Spirito Santo, Dio amore. Si produce quando Colui che è l’Amore del Padre e del Figlio, la loro Unità, la loro Soavità, il loro Bene, il loro Bacio, il loro Amplesso e tutto quello che può essere comune ad entrambi in tale Unità sovrana della Verità, e nella Verità dell’Unità, diviene per l’uomo a suo modo riguardo a Dio ciò che in virtù dell’unione consustanziale è per il Figlio riguardo al Padre e per il Padre riguardo al figlio; quando la coscienza beata si trova in qualche modo in mezzo all’amplesso e al bacio del Padre e del Figlio; quando, in modo ineffabile, inimmaginabile, l’uomo di Dio merita di diventare, non Dio, ma tuttavia ciò che Dio è: l’uomo essendo per grazia ciò che Dio è per natura. Ne consegue che, nell’enumerazione delle attività spirituali, l’Apostolo con prudenza inserisce lo Spirito Santo dicendo: <<nella castità, nella scienza, nella longanimità, nella soavità, nello Spirito Santo, in una carità sincera, nella parola di verità, nella forza di Dio>>. Guarda come egli dispone in mezzo alle buone virtù, come il cuore nel mezzo del corpo, lo Spirito Santo, autore, ordinatore, vivificatore di ogni cosa. Giacchè è egli l’artefice onnipotente che crea la buona volontà dell’uomo nei confronti di Dio, e rende Dio propizio nei confronti dell’uomo; colui che suscita il desiderio, che dà la forza, che porta a buon fine l’operazione, che conduce ogni cosa con fermezza e <<dispone tutto con dolcezza>>. Egli vivifica lo spirito dell’uomo e lo contiene in unità, come lo spirito vivifica il corpo e in unità lo mantiene. Gli uomini insegnino a cercare Dio, gli Angeli ad adorarlo. Solo lo Spirito Santo puà insegnare a trovarLo, a possederLo, a godere di Lui. Tuttavia è egli stesso la sollecitudine di chi cerca ardentemente, la pietà di chi adora <<in spirito e verità>>, la sapienza di colui che trova, l’amore di colui che possiede, la gioia di chi gode. (La lettera d'oro, p. 235, pp. 239-241)

 

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