La prima è quella volta verso l'agire
e verso il corpo, e attraverso essa si distingue
fra ciò che bisogna fare e ciò
che non bisogna fare, e fra ciò che è
bello e ciò che è brutto... e
si chiama « intelletto pratico »;e
raggiunge la perfezione negli uomini con l'esperienza
costante e l'abitudine. La seconda è
invece una facoltà volta verso l'osservazione
e la comprensione propria dell'anima, e verso
l'alto, e attraverso essa si riceve l'effusione
divina. E questa facoltà... è
un'inclinazione dell'anima verso la rappresentazione
degli intelligibili, e si chiama « intelletto
in potenza » e « intelletto materiale
». E c'è un'altra facoltà,
più avanzata di questa quanto all'atto
secondo la realizzazione che abbiamo ricordato,
e si chiama « intelletto per inclinazione
». E un terzo grado è quello che
realizza nell'anima gli intelligibili acquisiti,
rendendo l'anima intelletto in atto, e... si
chiama « intelletto acquisito ».
E poiché tutto ciò che passa dalla
potenza all'atto vi passa in virtù di
qualcosa che gli fa conoscere quella forma,
allora l'intelletto in potenza diviene intelletto
in atto per una causa che gli fa conoscere gli
intelligibili, e gliene porta l'impressione,
e questo è ciò che l'intelletto
fa in noi. E non c'è alcun corpo con
questa qualità Dunque questa cosa è
un intelletto in atto e agente in noi, e si
chiama « intelletto agente », e
sta con i nostri intelletti nello stesso rapporto
in cui il sole sta con le nostre viste... Diciamo
che l'anima umana è intelligente in potenza,
poi divie-ne intelligente in atto, e tutto ciò
che passa dalla potenza all'at-to lo fa per
una causa in atto che ce lo fa passare. Qui
la causa è ciò che fa passare
le nostre anime dalla potenza all'atto, per
quanto riguarda gli intelligibili, e dato che
è la causa che pre-senta le forme. intellettuali,
non è altro che un intelletto in atto
presso cui si trovano, astratti, i principi
delle forme intelligibi-li, ed esso sta con
le nostre anime nello stesso rapporto del sole
con le nostre viste; e come il sole si vede
di per sé in atto, e attraverso la sua
luce fa vedere in atto ciò che non era
visibile in atto, così è la situazione
di questo intelletto rispetto alle nostre anime,
in quanto la facoltà intellettuale, quando
apprende i particolari che sono nella fantasia,
e risplende su di essi la luce dell'intelletto
agente in noi che lo abbiamo ricordato, divengono
astratti dalla materia e dalle loro connessioni,
e si imprimono nell'anima razionale, non nel
senso che essi da sé passano dalla fantasia
all'intelletto nostro, né nel senso che
la nozione, oscura nelle connessioni - sia essa
in sé, sia la sua esplicazione nella
sua essenza astratta - agisce come da sé,
ma nel senso che la loro apprensione prepara
l'anima a che si effonda su di essa ciò
che è astratto da parte dell'intelletto
agente, in quanto i pensieri e le riflessioni
sono movimenti preparatori per l'anima all'accoglimento
dell'effusione, come lo sono i termini medi...
all'accoglimento della conclusione... Pertanto
l'anima razionale, quando verrà in rapporto
con questa forma attraverso l'illuminazione
dell'intelletto agente, si forma da essa in
lei una cosa, che per un verso è del
suo genere, e per l'altro no, così come
quando la luce cade sui colorati si forma nella
vista, da parte sua, un'impressione che non
le è totalmente e da ogni punto di vista
[congenere]; così le fantasie, che sono
intelligibili in potenza, divengono intelligibili
in atto non di per sé, ma per ciò
che ricevono; ma come l'impressione realizzatasi
per mezzo della luce da parte delle forme sensibili
non è essa stessa l'essenza di quelle
forme, ma un'altra cosa loro connessa, che nasce
per mezzo della luce in ciò che [la]
accoglie.... così l'anima razionale,
quando apprende quelle forme fantastiche, e
si congiunge ad esse la luce dell'intelletto
agente secondo una specie di congiunzione, diviene
pronta a che si formino in essa, per la luce
dell'intelletto agente, le astrazioni di quelle
forme, pure dagli errori. (kitab al-sifa', L'anima,
L.V, cap. 5, tr. it. C. Baffioni, Storia della
filosofia islamica, Milano 1991, pp. 234-236.) |
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