L’ultimo congresso
tenuto nel XX sec. dalla Société
Internationale pour l’Étude
de la Philosophie Médiévale
(1997) ha posto a tema la domanda: Che
cosa è la filosofia medievale?
La molteplicità delle interpretazioni
elaborate nel secolo scorso mostra il
carattere fortemente problematico di questa
domanda, per quanto praticamente tutti
gli interpreti contemporanei convergano
sui tratti salienti della storia del pensiero
nel medioevo e su aspetti quali le modalità
della trasmissione della filosofia, i
contesti istituzionali in cui si è
sviluppata, i suoi sviluppi tematici e
le principali innovazioni teoretiche.
Uno dei più recenti e autorevoli
interventi nel dibattito sulle interpretazioni
della filosofia medievale, quella di Kurt
Flasch, rifiuta ogni tentativo di definirla
alla luce di posizioni teoretiche o ideologiche,
richiamando vigorosamente, e anche polemicamente,
la necessità di contestualizzare
la ricerca filosofica medievale per coglierne
la portata di senso. Per mostrare la fecondità
teoretica di questo atteggiamento metodologico,
analizza i principali dibattiti filosofici
dall’età carolingia al XV
sec., ricavandone una serie di enunciati
che nell’insieme possono costituire
un utile avvio di riflessione su perché
e come studiare la filosofia medievale.
Di essa occorre riconoscere la plurivocità
e le discontinuità: in una parola,
la complessità. Questo ci permette
di cogliere, nei pensatori medievali,
la sempre rinnovata tensione fra la situazione
concreta che pone problemi e la tradizione,
cui viene fatto ricorso in maniera estremamente
flessibile e spesso creativa per (tentare
di) risolverli. La rinuncia ad ogni lettura
arbitrariamente modernizzante presenta
un ulteriore vantaggio: permette infatti
di cogliere la tensione fra la nostra
(di noi come storiche/i) situazione e
il passato cui ci si rapporta, cogliendo
di conseguenza il presente stesso come
‘mutevole costellazione storica’,
senza per questo cadere nel relativismo
storicistico, ma riconoscendo la presenza
di scelte e interessi vitali nel lento
e non lineare affermarsi della ‘razionalità’.
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