Il mese di Marzo, XV secolo. Affresco di palazzo Schifanoia costituisce uno dei più sontuosi cicli decorativi del Rinascimento italiano. Francesco Cossa, 1450 collaborò agli affreschi, in questo vi è la potatura delle viti a Marzo, la precisione del gesto, il disegno energico dal contorno nervoso, caratterizza la scuola ferrarese.
La vendemmia
Il mese di settembre, 1411, miniatura dei fratelli Limbourg, scuola
franco-fiamminga, Museo Condé, Chantilly. I paesaggi di questo calendario
sono quelli del Duna di Berry e del Re di Francia. Ogni foglio del libro
evosa il dolce vivere, come un ringraziamento a Dio: scene di bagni, pescatori
con la lenza, lavori dei campi. Al di là del vigneto, e dei vendemmiatori
di settembre, si stacca il castello di Saumur nel cielo della Loira.
Il mese di settembre, libro d’ore del re don Manuel di Portogallo,
1417, miniatura, Museo dell’arte antica, Lisbona. Il rito dei canti e di
danza dei pigiatori di uva ci giungono da ogive ancora gotiche per la loro
modanatura, ma già rinascimentali per la loro curvatura piena. Un
popolo di formiche laboriose.
Clément Boulanger, Vendemmia del Médoc, 1815, olio su
tela, Museo delle belle arti, Bordeau. Nel Médoc la bigoncia di
legno è provvista di stanghe, che vengono appoggiate sulle spalle
di due uomini. I portatori passano nei filari, raccolgono l’uva tagliata
dai vendemmiatori e vanno a versare il loro carico nel tino, che viene
avviato verso il torchio.
Constant Troyon, vendemmia a Suresnes,1810-1865, Limoges. Questo pittore
si è dedicato ai paesaggi dell’Ile-de-France, nelle colline di Suresnes,
le vigne davano un vinello dal bel colore di ribes.
Francisco Goya, la vendemmia, 1786, museo del Prado, Madrid. Frammento
di una serie di quattro dipinti sul tema delle stagioni, qui si riconosce
la migliore società madrilena che in occasione della vendemmia stà
a fianco del popolo.
Angelo Inganni, la vendemmia, 1807-1880, Pinacoteca di Tosio Martinengo,
Brescia. I personaggi vivaci hanno aspetto caricaturale, vi è contrasto
di tinte ed impasti.
La vinificazione
Anonimo, L’arte del bottaio, XVII secolo. Pannelli in legno dipinti
di scuola veneziana, sui quali figurano nella parte superiore lo stemma
di Venezia, ed in basso la data del 1618. Si assiste al lavoro della corporazione
dei bottai sotto la protezione del loro santo patrono. A quell’epoca le
botti erano ancora cerchiate di legno, come sarà fino alla fine
del XVIII secolo.
Jean-Francois Millet, Il bottaio, 1815-1875, Boston. Pittore della
vita contadina, Millet lo è anche degli artigiani, il bottaio si
concentra sul suo lavoro e vi è nel gesto tutta la forza di evocazione
plastica.
Affresco del castello del Buon consiglio a Trento, XV secolo. Descrizione
dei gesti della vendemmia, Gli attrezzi sono tutti in legno, veri capolavori
di falegnameria.
Bartolomeo Pinelli, Vendemmiatori che portano l’uva al torchio, 1830,
Museo di Roma, Roma. Questo acquarello descrive il lavoro del popolo romano.
Hans Weiditz, Il controllo delle botti, 1530, Sammlungen, Monaco. Verifica
del contenuto dei barili allo scopo di evitare ogni frode sulla qualità
del vino in circolazione.
José Frappa, 1854-1904, Dom Pérignon assaggia prima della
pressatura, collezione Moet e Chandon. Il benedettino dal palato sottile
riuniva vini derivati da diversi vitigni, per ottenere un vino di base
da sottoporre a rifermentazione. Questa ricostruzione storica raffigura
il prelato che già colpito da cecità, assapora religiosamente
l’uva sotto gli sguardi ammirati dei monaci.
Natura morta
Qui il vino diventa oggetto di meditazione, macchia di colore, non
oggetto motro come sembrerebbe, ma come vita tranquilla come suggerisce
giustamente la lingia inglese: Still Life.
Il vino non ha altro da fare che invecchiare tranquillamente, in attesa
di una festa e di una tavola sontuosa. Ma questi godimenti terresti sono
effimeri, la farfalla è il simbolo dell’anima che vola via.
Abraham Mignon, 1649-1679, Museo di Douai, Germania. In questo dipinto
si sovrappongono frutti e vasellame, tutto palpita di vita.
Il ritratto
Qui vi è un dialogo a due, il vino e il soggetto. L’uomo è
rappresentato con il suo bicchiere, un bevitore serio e consapevole. La
donna raramente vengono rappresentate da sole, la donna che beve generalmente
è legata ad un incontro, una festa, un amore. Una donna sola davanti
ad un bicchiere è uno spettacolo inquietante. Il vino allora diventa
un piccolo e dolce istante di una vita persa, oppure può suggerire
la similitudine erotica e subdola, forse insostituibile d’un piacere solitario.
Scuola portoghese, L’uomo con il bicchiere di vino, Museo del Louvre,
Parigi. Un realismo uscito dai fiamminghi, un personaggio pieno di riservatezza
malinconica, i volumi non bucano il quadro.
Philippe Mercier, 1689-1760, Il giovane bevitore, Museo del Louvre,
Parigi. Una vena realistica e sensuale.
Anonimo, Personaggo intento a bere, XVII secolo, Museo Barone Gérard
Bayeux. L’opera fa mostra di un infatuazione per gli spettacoli di tipo
popolare.
Christoph Amberger, Ritratto di Mattheus Schwarz, il vecchio, Lugano.
Il ritratto di questo nobile è legato al canone rinascimentale,
l’uomo aveva fatto voto di non bere e il suo bicchiere è rimasto
abbandonato sul davanzale della finestra, ma lla fine dopo aver consultato
i segni astronomici sciolse il voto per non contrariare il cielo.
Francine van Hove, Lydia con il bicchiere di vino, 1981, Galleria Alain
Blondel, Parigi. Il bicchiere nella forma piena come il seno che gli è
accanto, la luce gioca un ruolo importante, descrive con raffinatezza corpi
ed oggetti, una caraffa di vino per l’artista ha lo stesso valore di un
riflesso su una pelle, un seno, un occhio, un tessuto.
Louis e Antoine le Nain, 1648, Museo del Louvre, Parigi. I modelli
cenciosi e poveri erano decritti dagli autori di questa tela in modo particolare:
facevano volgere gli occhi dei loro contadini verso o spettatore.Non vi
è più lo svolgimento aneddotico della scena.
Pranzi e feste
Il vino diventa il simbolo del convegno, della comunione, dello scambio
tra gli uomini. Spesso il pittore mettono al centro della scena il bicchiere
o la brocca. Il vino può illuminare e quindi diventa importante
il riflesso che emana, allora il vino riveste anche un ruolo sociale, bagnando
con la stessa luce ricchi e straccioni. Un tempo si riteneva che il vino
fosse responsabile del carattere latino, la cordialità, la lealtà
dei rapporti umani, il buon umore, il dono della conversazione e la raffinatezza
del gusto.
Gabriel Metsu, 1629-1667, l’Epifania, scuola fiamminga, Monaco. Questo
vecchio che festeggia l’Epifania sotto gli occhi semi inquieti della famiglia
dei servi, tiene in mano un alto bicchiere a flute senza gambo. Questo
tipo di bicchiere di origine nordica, costringe a bere d’un fiato, come
lo richiede la tradizione del gorno dei Re Magi.
Etienne Jeaurat, L’amore del vino, 1714, Museo del Louvre, Parigi.
Un pittore buontempone innamorato del pittoresco e dei dettagli piccanti,
l’espressione intima dei commensali fanno un quadretto dei più sottili
della golosità nella storia della pittura.
Hendrick van Balen, 1575-1632, l’inverno, Staatsgalerie, Bayreuth.
Il pavone rivestito orna il centro del tavolo, l’argenteria è sparsa
al suolo, il vecchio padrone ha freddo. L’abbondanza, la ricchezza, non
possono sconfiggere il freddo dell’inverno.
Francois-Louis Watteau, 1758-1823, nozze al villaggio, Museo delle
belle arti, Marsiglia. Le nozze congiunte alle piccole opere campestri
e sentimentali molto di moda alla fine del XVIII secolo.
Jan Steen, 1626-1679, Interno di locanda, scuola olandese, collezione
privata. Figlio di un birraio il pittore fu il pittore delle scene popolari,
realismo, gli accessori, la verità degli atteggiamenti. Perfino
quelli del bambino e di un cane.
Caffè e locande
Vincent Van Gogh, Il caffé di notte, 1888, Art Gallery, New
Haven. Il caffè Alcazar, dove Vincent viveva dal mese di maggio
e che lasciò dopo aver eseguito questa tela vendicatrice, dai colori
violenti e sinistri, esagerbato com’era per il prezzo della pensione.
Marcel Gromaire, 1892-1971, Vini e liquori, Museo d’Arte Moderna, Parigi.Vi
è l’eredità del cubismo, per dare una logica potente alla
composizione, ma sensa perdere il senso della plasticità delle forme.
Giochi
Nicolas Tournier, 1590-1657, Riunione di bevitori, Museo Tessé,
Le Mans. Questa immagine di allegri bevitori intorno ad un sarcofago fece
parte delle collezioni di Luigi XIV. Il dipinto riprende due temi cari
al Caravaggio, il concerto e i bevitori.
Georges de la Tour, 1593-1652, Il baro con l’asso di quadri in
mano, Museo del Louvre, Parigi. Attorno al giovane ingenuo sulla sinistra
sono riunite tutte le tentazioni: il vino, il gioco, la lussuria.
Bartholomeus van Der Helst, 1613-1670, Giovane donna che celebra il
vino, Museo Magnin, Digione. Il modo di trattare le stoffe, i tessuti,
le pellicce, i velluti, aggiungevano a questa rappresentazione un’aria
festosa.
Paul Cézanne, 1839-1906, i giocatori di carte, Museo d’Orsay,
Parigi. Tutto si svolge nel confronto tra due persone, l’arbitro è
la bottiglia, sul tavolo pesano le braccia del contadino che stà
giocando a carte. Vi è il rigore immobile della costruzione, e la
definizione solida dei volumi, ma si afferra l’impercettibile esitazione
del giocatore che si appresta a giocare la sua carta.
L’amore
L’ebbrezza e lo smarrimento, ma non è slo questo il rapporto
del vino e dell’amore, la chimica del vino abbassa le barriere, rende liberi,
apre la via della verità tra gli amanti, al contrario aiutano gli
amanti perfidi che vogliono aggiustare con la menzogna la sincerità
dei loro sentimenti. Vi è anche un messaggio poetico: lascia che
i giovani che visiteranno la mia tomba sentano le esalazioni del vino che
emaneranno le mie ceneri (le mille e una notte).
Jakob Ochtervelt, 1635-1708, Il bevitore e la serva, scuola olandese,
collezione privata. I personaggi colti come in un istantanea, conferiscono
alla scena un carattere teatrale, ma la luce fa di questa composizione
un interessante esempio dell’arte intimistica di questo pittore.
Jan Vermeer van Delft, 1632-1675, la mezzana, Dresda. Scene di taverna
dove il cromatismo ed il colore puro della camicetta fanno scomparire il
resto, la coppa di vino e la mano del giovane già abbandonata sul
petto della ragazza, vi è ebbrezza e smarrimento.
La scena storica
Un pittore di storia doveva dipingere le scene più eclatanti:
battaglie, incontri di re. Dunque alcuni pittori hanno dipinto fedelmente
quello che era successo, banchetti e feste erano in alcuni casi allestiti
dove principi famosi bevevano in splendidi calici, e i soldati semplici
bevevano a garganella. Il vino assume allora un tono solenne.
Nicolo dell’Abate, Incontro di Carlo V con il Bey di Tunisi,1550, Institute
Galleries, Londra.
Luois-Leopold Boilly, I coscritti, 1808, Museo Carnavalet, Parigi.
Durante l’impero i reclutamenti erano poco popolari, il loro entusiasmo
sembrava essere dovuto al bere: i coscritti che partivano allegramente…non
è cosa naturale.
Il male oscuro
Quasi tutti i grandi pittori erano frequentatori di bettole, alcuni
di essi rappresentano l’ubriachezza con uno scopo edificante, con l’intento
moralistico di insegnare la virtù. Altri la rappresentano in chiave
realistica e pittoresca, specialmente la rappresentazione dell’ubriachezza
contadina non era priva di un certo disprezzo sociale. I ricchi incarnano
il vizio contro la sobrietà dei lavoratori. Vi è poi l’ubriachezza
da incubo, in cui l’ubriacona dall’aspetto e dalla sensualità livida
e brutale sprigiona la sovrabbondanza alimentare prossima alla nausea.
Tutto ciò sfocia nella morte, e questa arriva d’improvviso, anche
se l’alcol uccide lentamente e la morte non ha fretta.
Jean Brueghel, 1568-1625, Allegoria del gusto, Museo del Prado, Madrid.
Le tentazioni del gusto fanno perdere la testa.
Gillis van Scheyndel, 1635-1676, Scene di trattoria, Museo delle Belle
Arti, Bordeaux. Scene basse e contorte ed ubriachezza.
Anonimo di scuola francese, La morte viene a tavola, Museum of art,
New Orleans. Il gioco di luce teatrale ed espressivo sottolinea con grande
maestria la vittima scelta dalla morte.
Jean-Baptiste Greuze, Il ritorno dell’ubriacone, 1760, Portland. La
scena indica la morale ed i buoni sentimenti, il pittore cerca di commuovere
con soggetti piagnucolosi e aneddotici, moltiplicandi i temi del contesto
familiare.
Charles Hermans, 1838-1924, Museo delle Belle Arti, Bruxelles. Effetti
sensuali e vistosi, il confronto sociale, di prima mattina, degli operai
sulla via dell’officina, con gaudenti sbronzi.
Dioniso
Dioniso è figlio di Zeus e di Semele generata dal tebano Cadmo
ed Armonia. Verdiamo che un Dio caotico è generato con la
nozione astratta di Armonia. Era sposa legittima di zeus non era troppo
contenta del bambino che il suo sposo aveva partorito nella coscia. Zeus
manda suo figlio in un paese lontano, per farlo allevare dalle ninfe che
gli insegnano la coltivazione della vite, poi per nasconderlo ad Era lo
trasforma in un capretto. Ma Era lo trova togliendogli la ragione, allora
il giovane erra per l’Egitto, la Siria e la Frigia dove la dea Cibele
l’inizia al suo culto orgiastico e lo libera dalla pazzia. Da questo momento
Dioniso è accompagnato da un esercito di baccanti e satiri che ballano,
si sposta su un carro trionfale trainato da pantere, ornato di pampini
ed edera. Dopo ciò torna nel suo paese di origine a Tebe, dove introduce
le baccanali, feste mistiche nel corso delle quali i fedeli ssi lasciano
andare ad una sorta di trance. Uno degli episodi più celebri è
stato l’incontro tra Dioniso ed Arianna, abbandonata dall’ingrato Teseo
sulle rive di Cnosso. Il Dio notò la bella in lacrime e la invitò
a salire sul suo carro.
Henri Gervex, Satiro e baccante, 1874, Museo di Montlucon. L’autore
ha saputo ringiovanire questo soggetto.
Pieter Paul Rubens, I satiri, 1616, Alte Pinakothek, Monaco. Nel vino
del fauno c’è qualcosa di truculento, più temibile della
testa di un cinghiale, fa risplendere il quadro mitologico sotto la forza
evocativa della vita.
Tiziano Vecellio, Baccanale, 1518, Museo del Prado, Madrid. Lo sbarco
di Dioniso sull’isola di Andros dove tutti si sono ubriacati in suo onore.
Jean Raoux, 1677-1734, La signorina Prevost in veste di baccante, Tours.
È un ritratto mitologico di travestimento. Prevost era una ballerina
dell’opera, ed è ritratta con un bell’aspetto porcellanato, e estrosa
eleganza.
Il Cristianesimo
I pampini bacchici divennero simboli eucaristici, fin dalle prime raffigurazioni
dell’arte cristiana, come nei mosaici del IV secolo, il vino conferma il
suo significato mistico. Nell’ebbrezza di Noè, Lot e le sue figlie
il vino assume un simbolo di corruzione, dissolutezza ed impudicizia. Con
il Nuovo Testamento, il vino riveste un aspetto positivo, dalle nozze di
Cana, l’Ultima Cena, il vino accompagna Cristo sul suo cammino. Il santo
patrono dei viticoltori è San Vincenzo, forse è un gioco
di parole che richiama l’eucarestia, vino-sangue, vin-sang o san-vin. Infatti
nulla nella leggenda accompagna questo santo martirizzato sotto Diocleziano
nel 304, ha qualche attinenza con il vino o las vigna.
Affresco del collegio di S.Isidor, 1157, Spagna. Leon è sulla
via di Santiago de Compostela, questo è un artista che ha saputo
amalgamare le tradizioni locali con quelle bizantine e francesi, a favore
di un arte che si adatta perfettamente alle esigenze delle volte.
Scuola svizzera, San Remigio, XV secolo, Metropolitan Museum, New York.
Il miracolo è descritto da questa iconografia, per ringraziare la
sua ospite Remigio fece il segno della croce ed il barile si riempì.
Dierick Bouts, 1415-1475, Il pranzo a casa di Simone, Gemaldegalerie,
Berlino. La composizione è fatta di silenzio ed immobilità,
l’espressione riservata dei visi chiusi, il gesto appena accennato, esprimono
con molto pudore le manifestazioni del fervore religioso.
Schnorr von Carolsfeld, 1794-1872, Le nozze di Cana, Hamburger Kunsthalle,
Amburgo. Lo stile chiaro la dolcezza italiana tradisce lo studio di pittori
come Raffaello o Perugino, durante il soggiorno a Roma il pittore si legò
ai Nazareni, i quali esaltando il ritorno ai primitivi rappresentarono
l’equivalente Nordeuropeo dei Preraffaelliti.
Jat Massys, 1509-1573, Loth e le sue figlie, Museo di Cognac. L’opera
risente del manierismo europeo, scoperto dall’artista in occasione di un
suo passaggio a Fontembleau, espulso da Anversa per eresia. Senza rinnegare
il naturalismo fiammingo, le figlie di lot hanno una bellissima carnagione
di porcellana, e l’aspetto fragile intriso di preziosità. Attraverso
gli sguardi scherzosi si intravede anche la satira, il vino assume un ruolo
negativo, è simbolo di corruzione, associato all’impudicizia.
Giovanni Bellini, 1430-1516, L’ebrezza di Noè. Museo di Besancon.
Antico vignaiolo, Noè era il patrono dei bottai e degli ubriaconi.
In questo lavoro vi sono ridicolizzati i lati di coloro che devono.
Cornelisz van Haarlem, la corruzione prima del diluvio, 1619, Museo
di Douai. Esuberante vegetazione, le morbide e prosperose anatomie, il
gusto per le composizioni scenografiche ampie sono le caratteristiche di
questo pittore olandese.