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Maestri e scolari: parole sempre meno ricorrenti nel quotidiano conversare… che mantengono tuttavia, ancor oggi, 
pregnanza di significato. Esse sottendono, infatti, quel rapporto interpersonale, professionale ed umano, che 
segna, spesso nel corso di un'esistenza intera, la mente e l'animo di chi ha imparato, continuamente richiamando 
parole, gesti, idee di chi ha insegnato, non soltanto a lavorare, ma anche e soprattutto a vivere. Alzi la mano 
chi di noi non ha avuto un “maestro”, o, per le generazioni più giovani  una “maestra”? Anche se non posso 
includermi anagraficamente fra queste ultime, mi sia consentito di dire che il secondo è proprio il mio 
caso (e mi scuso per il riferimento personale). Tuttavia, per quanto profondi siano i sentimenti e i ricordi di 
ciascuno di noi, essi non sono sufficienti a farci capire “chi è” un maestro, “chi è”uno scolaro. La storia e 
la letteratura hanno talora efficacemente descritto i tratti personali dell'una e dell'altra figura, prendendo 
spunto dalle biografie d'illustri docenti e di ancor più illustri allievi, senza tuttavia offrire, almeno fino 
ad oggi, un generale profilo della loro identità: nelle nostre mani restano distinti quanto isolati abbozzi, 
disegni o “medaglioni” tanto dei maestri quanto degli scolari. Ciò che al contrario ci manca è il loro profilo 
storico. Ed è proprio all'interno dell'Università, la più antica istituzione esistente in Europa dopo la Chiesa, 
che ambedue le identità trovano, sin dai tempi più lontani, migliori possibilità di documentazione, solo che la 
nostra attenzione ne sia attratta, disponendoci ad interrogare le fonti. Profilo: una parola moderna, che non 
coglie pienamente nel segno, specie nelle intenzioni di noi contemporanei: per noi identità significa un volto, 
una voce, qualcosa, insomma, di ben definito e reattivamente connesso alla nostra esperienza sensoriale. I Greci, 
dei quali la cultura universitaria – tramite Aristotele, Ippocrate e Galeno – è ininterrotta debitrice fino ai 
giorni nostri, definivano tutto questo come prosopon. Ricostruire dunque la biografia collettiva degli 
uomini e, con temeraria quanto più rara audacia, delle donne che hanno vissuto, sperimentato e condiviso, nel 
tempo e nello spazio, l'appartenenza ad un'istituzione, sia essa stata uno Studium generale, come pure 
una confraternita religiosa, una corporazione d'arte e mestiere, una cancelleria politica (per fare solo alcuni 
esempi presi dalla società medioevale e moderna): tutto questo è quanto gli storici oggi praticano e intendono 
con il termine di prosopografia. Paolo Renzi  |